Per pudore non ha tirato in ballo la Maga Rita, che con abile gioco di tarocchi gli avrebbe predetto l’apertura dell’inchiesta. O forse non è pudore, che in effetti non rappresenta il primissimo dei suoi pregi. Semplicemente, questa non gli è venuta in mente. Per quanto fertile, neppure la fantasia di Senior Di Pietro è illimitata. Comunque, ha dato: a parte la versione della Maga Rita, tutte le altre ormai le ha sparate. Tanto che dopo il tortuoso giro di spiegazioni, ancora oggi nessuno è in grado di rispondere con precisione alla domanda più semplice dell’intricatissimo papocchio napoletano. Questa: come ha fatto Senior a sapere in anticipo dell’inchiesta, tanto da rimuovere con precauzionale tempestività l’imbarazzante Mautone?
Dal suo punto di vista, la domanda ormai è superflua, stucchevole e capziosa. L’altro giorno, a Napoli, ha fornito finalmente la risposta che considera definitiva. L’accendiamo? L’accendiamo. Ha saputo dell’inchiesta grazie al formidabile lavoro di intelligence svolto da una sua speciale squadretta di 007, messa in piedi quand’era ministro per le Infrastrutture. Sostanzialmente, i segugi fiutarono attraverso canali riservati che Mautone era nel mirino, e Senior inserì immediatamente tra le grandi opere la rimozione dell’ingombrante provveditore campano. Punto. Giusta o sbagliata, è la risposta che dobbiamo definire ufficiale. Con uno sforzo, definiamola. Purché sia l’ultima.
Ma prima di arrivarci, quanta fatica. Quanto sferragliare di cervello. È chiaro, la domanda era e resta un po’ sfacciata. Siccome gli italiani sono maliziosi e dietrologi fino alla perversione, a tutti quanti era nato l’istintivo sospetto che Senior avesse saputo del cataclisma napoletano grazie alla classica fuga di notizie, alla confidenza amichevole e corporativa, abbastanza verosimile nell’orbita di un ex piemme tanto popolare in giro per uffici giudiziari. Bisogna riconoscerlo: come sospetto non è benevolo. La domanda su come abbia saputo, pure. Ma per quanto impertinente e scocciante, rimane una domanda legittima.
Inutile specificare: la legittimità è moltiplicata per mille proprio in considerazione del personaggio. Fosse un Villari, neppure ce la porremmo, l’ingenua domanda. E comunque nessuno riuscirebbe minimamente a indignarsi per qualunque risposta. Il problema è che al centro di questa vicenda pasticciata e ambigua c’è l’icona moderna della trasparenza, del rigore, dell’intransigenza. L’uomo del bianco e del nero, senza sfumature, senza compromessi, senza ma, se, però. L’uomo al di sopra di ogni sospetto. Se crolla questo santino, per un sacco di gente è la traumatica fine di ogni residua speranza. Un collasso collettivo. L’Italia dei malori.
Allora: com’è possibile che il severo Dracone del terzo millennio si barcameni in modo così sgangherato, genere liceale chiamato in presidenza a giustificare l’assenza un po’ strana? Rivediamolo all’opera. Proprio come il liceale, Di Pietro prova inizialmente la tecnica della saponetta: si mostra sfuggente e inafferrabile. A chi gli chiede come avesse potuto silurare Mautone molto prima che l’inchiesta fosse nota, risponde evasivamente. Racconta di aver percepito non meglio precisate «avvisaglie» di un’inchiesta in corso. Ma siccome stampa e opinione pubblica, in Italia, sono tendenzialmente scettici quanto un preside medio, la prima risposta non è quella che conta. Non può bastare, via: cosa significa, avere «avvisaglie»? Bisogna parlarsi schiettamente: o sei un sensitivo, e allora hai le avvisaglie, oppure devi chiarire meglio.
Mettendoci più impegno, sia il liceale che Di Pietro possono tranquillamente improvvisare sul momento qualcosa di meglio. Deciso a chiuderla lì, Senior gioca la carta più semplice e lineare: come da chi ho saputo dell’inchiesta su Mautone, e da chi l’avrò saputo, ma dalle agenzie di stampa l’ho saputo...
Per quanto solare e candida, la spiegazione crolla subito. Non servono squadre di 007 ministeriali per verificare che le agenzie di stampa hanno parlato dell’inchiesta su Mautone soltanto nel dicembre scorso, cioè moltissimo tempo dopo la prudenziale rimozione del soggetto. Allora, come la mettiamo. Non sta in piedi. Il buon preside direbbe al liceale: via, prova a inventartene un’altra. Che almeno abbia una logica. Altrimenti devo pensare che sei pure bischero.
A questo punto, nei panni del preside si mette anche la Repubblica. Il giornale ripropone la solita domanda, stavolta Di Pietro risponde sfoderando il teorema del pianerottolo: io ero ministro, il chiacchiericcio e le dicerie si vengono a sapere ben prima... Uguale, come sul ballatoio. Basta mettere il naso fuori dalla porta e arrivano le dicerie su Mautone. Davvero ci si possono sorbire simili versioni alla melanzana?
Ineffabile, Di Pietro procede per la sua strada anche su Libero, cui scrive minimizzando: «Nulla di trascendentale, solo notizie e segnalazioni che mi erano pervenute al Ministero». Certo: in Italia, dove non si sposta nessuno nemmeno con le cariche di dinamite, basta un nulla di trascendentale per rimuovere un provveditore alle opere pubbliche e richiamarlo precipitosamente a Roma.
Di Pietro per primo, come tutti i liceali inguaiati, sa che più si tira la corda, più ci si inguaia. Eppure niente lo induce a una definitiva chiarezza, tanto che nel tempo questa storia diventa inevitabilmente sempre più misteriosa e più sospetta. Il dubbio si fa martellante: chi nel luglio 2007 avvisò Di Pietro che Mautone era sotto inchiesta, e come mai lo trasferì subito in un ruolo chiave al Ministero?
Dopo lungo travaglio, finalmente c’è l’ultima versione ufficiale. Quella consegnata ai giudici di Napoli, quella degli 007 ministeriali. Perché arriva solo adesso? Di Pietro potrebbe spiegare di aver protetto il suo sofisticato servizio segreto, coprendolo con una serie di bugie. Il problema è che lui non è un liceale. Lui è il semidio senza macchie e senza inganni: bugie non può permettersene. Nemmeno una.
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