Bugno: «Troppo poche emozioni, si sente la mancanza dei favoriti»

Pier Augusto Stagi

da Gap (Francia)

«Senza gli attori il teatro non si può fare». Gianni Bugno, ex campione del mondo, oggi segretario dell’associazione corridori italiani, è chiaro come sempre. Questo Tour lo convince poco, questa corsa è priva di spettacoli e primi attori, «anche se chi sta correndo ce la sta mettendo tutta, e fa quello che può». Il Tour sarà pur sempre il Tour, ma fino a questo momento, alla vigilia dell’Alpe d’Huez (domani), le emozioni sono state davvero pochine. «Va anche detto che i tracciati del Tour non sono quelli del Giro – spiega sempre Bugno -. E quest’anno gli organizzatori hanno davvero esagerato nell’inserire tappe prive di contenuto tecnico. Troppa monotonia, troppa pianura, poche tappe di montagna, tutte concentrate in questa ultima settimana che verrà».
Insomma, per Bugno è un Tour noioso, soprattutto per via di organizzatori poco fantasiosi e capaci. «Poi l’aver mandato a casa un gruppo di favoriti – prosegue sempre il due volte iridato -, come Ullrich, Basso e Vinokourov, non ha fatto certamente bene. Premetto che la giustizia deve fare il suo corso, ma è anche vero che sulla base di sospetti sono stati cacciati corridori che avrebbero tenuto in piedi questa corsa. Gli organizzatori del Tour hanno la convinzione che la loro corsa è più forte di tutto e di tutti, che non ha bisogno di nessuno, io penso che senza corridori non si faccia ciclismo, e senza grandi corridori non ci sia spettacolo».
Bugno pesa le parole, cerca di ragionare, soprattutto – come dice lui – cerca di non farsi prendere un po’ troppo la mano. «Sono stato corridore, oggi lavoro per i miei ex colleghi, ma non è giusto fare l’ultrà. Però vi invito a una riflessione. Guardate il mondo del calcio. Lo scandalo stava travolgendo tutto e tutti. Alla vigilia della trasferta iridata in Germania c’era chi non voleva che si partisse, chi chiedeva a gran voce che Cannavaro non fosse capitano, che Buffon e Lippi restassero a casa: chi per calciopoli, chi per lo scandalo scommesse. Poi l’Italia è partita, e ha vinto: meritatamente. Di contro, nel nostro sport, sulla base di brutti, bruttissimi sospetti, abbiamo mandato a casa un bel gruppo di corridori. Che dire? Una cosa è certa, se il ciclismo ha deciso di affidare le proprie sorti alla magistratura ordinaria, allora smettiamo di fare controlli antidoping, tanto non servono a nulla. O si sceglie una strada o se ne percorre un’altra».
Molto critico con i francesi, e non solo per questioni nazionalistiche, è Renato Di Rocco, presidente della Federazione Ciclistica Italiana. «I francesi sono convinti che l’evento Tour sia più grande di chi vi partecipa – ci ha detto -. Più grande di Armstrong e più forte di Ullrich, Basso, Vinokourov e compagnia. A me questa situazione spiace molto: è brutto constatare che il nostro sport si trovi di nuovo in un guado melmoso. È singolare che in Francia il doping lo si scopra solo nel mese di luglio, e ancora più curioso è il grande impegno del Ministero dello Sport francese che ha fatto pressing su quello spagnolo per avere in tutta fretta della documentazione non completa, e questa sia stata successivamente inviata al Ministero francese e all’Aso, ente che organizza il Tour: a che titolo? Sulla questione dei corridori sospesi poi, preferisco per il momento tacere. Mi limito a dire che si è stati precipitosi e approssimativi: il ciclismo si è fatto una grave autorete. E presto rimpiangeremo questo gesto».

Ma questo Tour le piace? «Poco, lo trovo molto noioso, ma non è questo il punto – conclude Di Rocco -. Un conto è capire se chi è stato rispedito a casa meritava tale provvedimento. Se sì, il prezzo da pagare è anche quello di un Tour sottotono. Temo, però, che alcuni corridori non abbiano meritato questa punizione».

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