Coincidenze, solo coincidenze. Puramente casuali. Come dire: una questione di fortuna. Uno ce lha, laltro no. Nelle intercettazioni succede così: che siamo tutti uguali, ma poi cè qualcuno che, a seconda di come gira, è più uguale degli altri. Claudio Burlando, ad esempio, governatore Pd della Regione Liguria. Uno che, in quanto a fortuna, ha fatto la fortuna dei detrattori più maliziosi fin dai tempi in cui era ministro dei Trasporti del governo Prodi e quasi non passava giorno che non deragliasse un convoglio.
Capita che Burlando si faccia ascoltare, per caso, in una conversazione telefonica in cui parla amichevolmente con Carlo Maria Bindella, allepoca - 11 ottobre 2009 - presidente dellistituto Emanuele Brignole, un ricovero per anziani a Genova. Il telefono è sotto controllo in quanto la Guardia di finanza sta acquisendo dati nellindagine sui fondi Ue. Ed è proprio la Guardia di finanza, nucleo polizia tributaria, a ipotizzare il reato di corruzione a carico di Burlando che, nel corso della conversazione sullaggiudicazione degli appalti di pulizia e mensa, pare spingere per raccomandare lassunzione di una donna presso la struttura.
«Ho incontrato una che verrebbe volentieri lì, che lavora nel privato, italiana - fa lui, Burlando -. Lavora nel privato - insiste - e verrebbe volentieri al Brignole. Questo te lo puoi scrivere?». Linterlocutore abbozza: «Tu tra le altre mavevi parlato una volta di una persona che mavrebbe chiamato...». E il governatore (che sarebbe stato rieletto lanno seguente, battendo leterno rivale Sandro Biasotti) non demorde. «Eh, se ti do il nome, falla chiamare tu, mi sembra meglio...».
Il colloquio va avanti su altri dettagli dellappalto, e si conclude ancora, sempre per caso, con il richiamo allaspirante assunta, una operatrice socio-sanitaria di 45 anni: «Ok - ricorda Burlando - chiamati questa». Replica rassicurante di Bindella: «Stai tranquillo». Però: «Chiama quella lì» raccomanda ancora il governatore della Liguria. E il buon Bindella tranquillizza ancora scandendo chiaro e forte, tanto da essere ben inteso anche dal maresciallo delle Fiamme gialle alla cuffia: «Va bene, ciao».
Tutto qua, che cè da insinuare? Una normale conversazione fra amici, oltretutto doverosa per un presidente di Regione che deve sempre informarsi bene delle gare dappalto delle strutture pubbliche locali. Così innocente, la conversazione, che, nonostante la Guardia di finanza avesse optato per la denuncia di Burlando con lipotesi di corruzione, la Procura genovese aveva discusso a lungo se iscrivere il governatore nel registro degli indagati, ma poi aveva concluso che no, non cerano gli estremi. E Burlando era uscito definitivamente dallinchiesta. Posizione stralciata in un amen: assolutamente innocente lui, dunque, e assolutamente innocente la conversazione in argomento. Solo una coincidenza, un caso, il fatto che il presidente della Regione Liguria, nel pieno esercizio delle sue funzioni, fosse stato sfiorato dallindagine.
Che vuoi che siano quattro parole al telefono, come si dice: «non contestualizzate nel resto della conversazione»? Giusto. Solo che, altre volte, in altre conversazioni, e in altre Procure, la «decontestualizzazione» conta meno, molto meno.
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