Il business dei commessi d’oro: ecco l’ultimo spreco alla Camera

Inchiesta sull'Italia del malcostume. L’imprenditore Scarpellini, re di Affittopoli, oltre agli uffici fornisce a Montecitorio anche il personale: 400 fattorini solo per Palazzo Marini. Quando ne basterebbero 60. Il costruttore sostiene che così lo Stato risparmia. Ma non è vero: è sufficiente fare due conti

Il business dei commessi 
d’oro: ecco l’ultimo 
spreco alla Camera

Pier Francesco Borgia e Gian Marco Chiocci

Roma Dopo l'affare degli uffi­ci a prezzi di superlusso ecco la manodopera d'oro.La Mila­no 90 ha trovato un altro filo­ne d'oro nella Camera dei de­putati. Gli economisti lo chia­mano outsourcing . Sostan­zialmente vuol dire esterna­lizzare i servizi. Lo scopo? Ov­viamente risparmiare. Si dan­no da fare i lavori a società «esterne». Si paga solo il servi­zio o il prodotto finito. Così si taglia il costo più alto: ovvero quello del personale interno. Ed è proprio l' outsourcing uno dei punti forti dell'accor­do d'acciaio tra la Camera dei Deputati e la Milano 90 di Scarpellini. Anche se chi ci guadagna non è certo Monte­citorio.
Oltre ad aver affittato alla Camera uffici per 12mila mq, la società del costruttore ro­mano si è adoperata per met­tere a disposizione degli stes­si uffici il personale necessa­rio.
In tutto sono 400 persone (fonte lo stesso Scarpellini), assunte dalla Milano 90. Così si risparmia, spiega il costrut­tore al Sole 24 Ore del 13 otto­bre scorso. Al giornale econo­mico Scarpellini ricorda che i dipendenti della Milano 90 so­no assunti con contratto al­berghiero e che un assistente parlamentare (cioè quelli che nel linguaggio comune ven­gono chiamati commessi) guadagnano tre volte tanto.
Ecco un caso perfetto di out­sourcing . Almeno così lo ven­de Scarpellini al Sole 24 Ore .
La Camera, in buona sostan­za, ha bisogno di allargarsi. Aumentano le necessità lavo­rative dei parlamentari (che invero non aumentano mai). C'è bisogno di spazio, di uffi­ci, e quindi anche di persona­le che assista gli onorevoli nel­le loro funzioni. Fare concor­s­i e assumere personale coste­rebbe troppo. Meglio quindi rivolgersi a società che, «chia­vi in mano», ti danno tutto quello che ti occorre. E tu (Montecitorio) paghi soltan­to il servizio.
Chiunque di fronte a que­sta spiegazione si sentirebbe rassicurato. In fondo - pense­rebbe- non è poi vero che ven­gono scialacquati i nostri sol­di. E invece le cose non stan­no così. E il Giornale ha trova­to le carte che sconfessano questa tesi. L' outsourcing cui fa riferimento Scarpellini è so­lo una favoletta per gli alloc­chi. Basta contare il numero degli assistenti parlamentari attualmente in servizio effetti­vo a Montecitorio per render­si conto che qualcosa non va. Per sembrare una cifra mode­sta o esorbitante serve una pietra di paragone. Per esem­pio i 400 lavoratori della Mila­no 90. Uno si aspetterebbe quanto meno cifre a tre zeri. E invece i commessi attualmen­te in servizio effettivo sono meno di 430. E non lavorano in un unico complesso. Sono bensì dislocati in un'infinità di uffici. A cominciare ovvia­mente dal Palazzo per anto­nomasia: Montecitorio. Qui ha sede, innanzitutto, l'aula. E poi gli uffici di presidenza (solo per citare le due istitu­zioni più prestigiose della Ca­mera dei deputati). Sono ben dodici gli ingressi della Came­ra dei deputati solitamente aperti. Da vicolo Valdina a via del Seminario, da piazza del Parlamento a via della Missio­ne. Si tratta di ingressi che ov­viamente richiedono la pre­senza di personale interno di Montecitorio. Sia per ragioni di rappresentanza che per ra­gioni di­sicurezza deve trattar­si di personale qualificato. Gli ingressi del complesso di Pa­lazzo Marini sono, invece, cin­que (cui si aggiunge quello aperto solo durante i pasti di piazza San Silvestro dove ha sede la mensa). Anche gli in­gressi di Palazzo Marini sono però «piantonati» da persona­le direttamente stipendiato da Montecitorio.
«Per non parlare poi di com­piti e funzioni » ricorda Ameri­go Rivieccio, segretario del­l'Osa, organismo sindacale che tutela proprio i lavoratori della Camera dei Deputati, ol­tre che quelli del Senato. Gli assistenti parlamentari at­tualmente in servizio sono po­co più di 420. I più giovani so­no entrati alla Camera nel 2003. A loro viene chiesta una serie pressoché infinita di ser­vizi che vanno dal controllo agli ingressi, all'assistenza in aula durante le sedute, fino a compiti più delicati come l'as­sistenza durante le audizioni in Commissione e le funzioni di rappresentanza. I turni poi diventano massacranti da quando la Camera si apre con regolarità al pubblico per mo­stre o per visite guidate. «Si tratta di compiti che non pos­sono essere affidati - aggiun­ge Rivieccio - a chi, assunto con un contratto alberghiero, può svolgere soltanto funzio­ne di supporto logistico».
Secondo proiezioni effet­tuate dagli stessi lavoratori di Montecitorio, basterebbero una sessantina di assistenti parlamentari per coprire i ser­vizi ne­cessari negli uffici di Pa­lazzo Marini. Anche se guada­gnassero tre volte i loro «colle­ghi » della Milano 90 sarebbe comunque un risparmio di ol­tre il 50%. «C'è qualcosa di an­cor più beffardo nel confron­tare queste due figure profes­sionali - conclude il segreta­rio dell'Osa - ed è il fatto che molti nostri colleghi hanno accumulato, nel corso degli anni, crediti di ore di lavoro che in buona sostanza li fan­no andare in pensione antici­pata. C'è chi, per un motivo o per l'altro, arriva a lavorare anche 45 giorni di seguito.

E poi smaltire i riposi diventa un problema». Insomma la Milano 90 ha quasi lo stesso numero di dipendenti dei commessi della Camera che però lamentano una mancan­za di personale che li costrin­ge a turni massacranti.

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