C’è chi esulta e chi grida alla catastrofe

Pietro Vernizzi

La nuova legge sui phone center introduce regole più rigide, ma tra i proprietari c'è anche chi esulta. Come il gestore dell'Alex phone center di via Civitali, per il quale «la norma è un bene per i clienti e per gli stessi negozi». Secondo l'esercente, «i 500 centri presenti solo a Milano sono troppi e alcuni fanno pagare le telefonate a prezzi ribassati, in modo che nessuno ci guadagna più. Ci vuole qualcuno che controlli e ora, con la legge regionale, resteranno aperti solo i phone center migliori». E sui nuovi orari aggiunge: «È giusto che siano uguali per tutti, perché per ora nessuno rispetta quelli prefissati».
Non tutti però la pensano allo stesso modo, anzi c'è chi addirittura grida alla catastrofe. «Per me sarà il caos, un vero disastro - si scalda l'egiziano Ayman Bakr, del Fortuna phone center di via Inganni -. Già non si lavora, con le nuove norme diventeremo tutti disoccupati. I clienti telefonano in Paesi con il fuso orario diverso, a volte anche di sei ore: bisogna dare a tutti la possibilità di chiamare le loro famiglie lontane». E anche sull’obbligo di avere un bagno nel locale, Bakr si mostra perplesso: «Io ce l'ho, ma è vicino alla cassa. Una volta una signora mi ha chiesto di poterlo usare, poi mi ha chiamato un altro cliente e, quando sono tornato, mancavano dei soldi». Gli fa eco Sherif Ghobrial, pure lui egiziano, del Flash phone center di via Giambellino: «Non è giusto applicare la nuova legge anche ai negozi già esistenti. Con tutte le spese che ho sostenuto per iniziare l’attività, dall’acquisto delle cabine all’affitto, ci mancherebbe pure che mi facessero chiudere...».
Per qualcun altro, infine, la norma lascerà tutto come prima. «per me non cambierà niente - dice il gestore del Manumi phone center di via Tabacchi, originario dello Sri Lanka -.

Il bagno ce l’ho, di solito tengo aperto circa 12 ore e trovo che sia giusto obbligare i proprietari a tenere pulito. Anche se non capisco perché noi dobbiamo avere i servizi igienici, mentre spesso i supermercati non ce li hanno».

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