Cédric Pescia suona Mozart Un nome da non dimenticare

Dov'eravate la mattina del 7 gennaio? In viaggio di ritorno dalle vacanze, o in casa a risparmiare energie e denaro dopo le feste? Io all'Auditorium di Milano, ad ascoltare un pianista segnalato come promettente, che suonava due concerti di Mozart, il K 39 scritto da bambino e il K 503 scritto da maturo, cioè da giovane. Il primo è un'offerta di idee, sue e altrui, con squisitezza, l'altro è un'immersione nelle possibilità della musica lasciando perdere ogni effetto pianistico e ogni pigrizia dei suoi ascoltatori viennesi. E ho avuto due sorprese. Prima, la sala piena di gente arrivata fiduciosa, tutta attenta e contenta d'esser lì.

Seconda, che, anche soltanto arrangiandosi a dirigere la soccorrevole orchestra Verdi e accettando una via di mezzo fra scattante leggerezza all'antica di un organico non grande e colore moderno del pianoforte Steinway, o quasi per questo, il trascinante pianista sia riuscito a farci sentire come Mozart possa prendere dei frammenti alla maniera di un Gluck o d'altri antichi e far loro attraversare il romanticismo e il Novecento, consegnandoli fragranti nelle nostre mani. Cédric Pescia: segnatevi il suo nome.

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