da Roma
Come in tutti i momenti di difficoltà nella sinistra, spunta pure il fantasma della scissione.
Stavolta quella evocata ai danni del Pd è la scissione, invero molto micro, di Arturo Parisi e del suo drappello di ex prodiani. Piccola nei numeri, pesante negli effetti perché il professore sardo, implacabile critico della leadership veltroniana, ha un peso simbolico assai forte nel Pd, come inventore dellUlivo. Dunque, dice la voce che gira, Parisi potrebbe di qui allautunno rompere clamorosamente col partito che ha fondato e che - secondo lui - Walter Veltroni ha scippato a Prodi e alloriginario progetto, e preparare in vista delle elezioni europee una sua mini-lista ulivista. Magari alleandosi con Tonino Di Pietro, con il quale è andato a Piazza Navona e di cui firmerà il referendum anti-Lodo, uniti dal comune interesse di far più danni elettorali possibili al Pd.
La voce è naturalmente infondata, tanto che Parisi è convinto che a metterla in giro sia proprio qualche veltroniano, per screditarlo e magari spingerlo a togliersi dalle scatole: «Non sarebbe una novità, sono tipici metodi stalinisti», si lamentavano ieri gli amici del professore. «Questo partito è casa mia, e se vogliono che me ne vada devono cacciarmi», dice Parisi al Giornale. E tanto meno potrebbe allearsi con Di Pietro, che detesta quasi quanto Veltroni: «Era contrarissimo allalleanza con lex pm», ricordano i suoi.
Ma anche in casa democrat nessuno ci crede: «Che va a fare, lUlivo bonsai?», ironizza Beppe Fioroni. «Ma figurati se Parisi se ne va», dicono ai piani alti del Nazareno, «lui esiste finché non si conta. E va sui giornali finché sta nel Pd». Basta ricordare, sottolineano maligni, «quanta gente cera ad ascoltarlo alla Festa dellUnità». Una cosa che ha fatto uscire dai gangheri Veltroni, quando lex ministro Paolo Gentiloni (che era a Firenze in contemporanea con Parisi, e ha fatto una capatina a sentire che diceva il collega) gli ha raccontato che sotto il tendone dove il professore veniva intervistato da Minoli cerano «trenta persone contate da me, compresi i giornalisti». «Ma in compenso ha avuto uno spazio inversamente proporzionale: paginate sui giornali e servizi in tutti i Tg», è sbottato Veltroni.
Ma cè anche unaltra ragione per cui la scissione parisiana non è verosimile: il diretto interessato, Arturo Parisi, è convinto che il Pd «subirà un salutare choc» ancor prima delle elezioni europee tanto attese e tanto temute. È convinto che già in autunno partirà il terremoto interno, perché le prime tornate elettorali previste (provinciali di Trento e regionali dAbruzzo) saranno una probabile sconfitta, e a quel punto dentro il partito si aprirà la resa dei conti: se il centrosinistra perde una provincia che governa da anni e se in Abruzzo il Pd cala a vantaggio di Di Pietro «non consentiranno a Veltroni di arrivare alle Europee», è la previsione del Professore.
A difendere Parisi scendono in campo parlamentari ulivisti come Albertina Soliani e Magda Negri, che invitano il gruppo dirigente del Pd a «confrontarsi con le critiche» del professore, e a «ricucire con lui, perché un Pd senza Parisi sarebbe un mondo alla rovescia».
Il caso comunque non è stato neppure sfiorato nella riunione del coordinamento Pd convocata ieri a Roma da Veltroni. Il quale, raccontano, si è presentato ai suoi molto ottimista e deciso: «Il clima sta cambiando», ha assicurato, «e le crepe nella maggioranza stanno cominciando ad affiorare». E ha chiesto a tutti di impegnarsi in vista della manifestazione del 25 ottobre. «Deve andare bene», ha ordinato. Di certo il Pd non può fallire la sua prima prova di massa, ma per evitarlo occorre creare una mobilitazione che al momento non cè: ecco quindi lescalation dei toni di opposizione e di appuntamenti intermedi (su scuola, carovita e salari) che dovrebbero servire da prova generale, attirare lattenzione e - si spera - agganciare la Cgil e la sua capacità di attivare la piazza.
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