C’è la prova della vita nello spazio Ma che delusione: Et è un microbo

Il mondo della scienza è in grande eccitazione, il mondo della fantascienza in grande depressione. Con un clamore degno della scoperta, la Nasa annuncia all’umanità di aver praticamente riprodotto in laboratorio l’extraterrestre tipo, che da secoli stiamo aspettando con il naso all’insù. Non ha le antenne sul capoccione, non ha le mani con due dita e non ha la pelle verde pisello. Per chiamarlo con il suo nome, ET è un batterio. Cioè un corpuscolo di grandezza infinitesimale, dal profilo insignificante. I ricercatori della Nasa l’hanno prelevato da uno degli ambienti più inospitali della Terra, il californiano Mono Lake, e quindi l’hanno svezzato nei propri centri di ricerca. La simpatica creatura si ciba di arsenico.
Come specificano gli esultanti tecnici di astrobiologia, l’esistenza di un simile micro-organismo è la dimostrazione che la vita può esistere in forme molto diverse da quelle conosciute. Da ora in poi, aggiungono, tutti i programmi spaziali impegnati nella ricerca di altri esseri viventi e di altri mondi dovranno cambiare completamente le proprie convinzioni. Fatti loro. Per l’umanità che scruta i cieli sconfinati, sognando da sempre l’improvvisa comparsa di creature misteriose, la scoperta resta una cocente batosta. ET è uno stupido batterio che vive di arsenico. L’avevamo lasciato che si scolava latte e yogurt nel frigor del suo amico bambino. C’è una certa differenza.
Quando le notizie sono così sconvolgenti, la corrente dei pensieri si fa confusa e tumultuosa. Per esempio: cosa ci ha raccontato, affascinando e illudendo intere generazioni, il fertilissimo filone della fantascienza, con tutti quegli scrittori e quei registi di genere impegnati nella frenetica corsa dell’immaginazione? A forza di leggere libri e di vedere film, ci eravamo fatti un’idea piuttosto precisa. Gli extraterrestri, fino all’altro ieri, erano gente piuttosto evoluta, nel bene come nel male, bonaccioni o malvagi che si manifestassero poi all’atto pratico. Per un tempo immemorabile ce li siamo immaginati volteggianti discretamente sopra le nostre teste, in attesa di scegliere il momento e il luogo più propizi per l’agognato atterraggio con la formidabile astronave. Vogliamo parlarne, della loro tecnologia? Offensivo definire certi mezzi di trasporto con le nostre categorie motoristiche: soltanto degli esseri inferiori e limitati come noi, pensavamo, possono definire astronavi queste sontuose città semoventi, capaci di viaggiare a velocità impensabili, senza tra l’altro consumare granché. E comunque, noi pensavamo, anche se consumano come Ferrari, questa è gente che sul proprio pianeta ha sviluppato una tale ricerca da potersi spostare tra una galassia e l’altra con una sola goccia di supercombustibile…
Nelle nostre letture, nei nostri sogni, ET era così. Lo volevamo così. Un esserino tenerissimo, evoluto e candido, ancora oggi capace di far piangere come vitelli gli umani che lo guardano indicare le stelle col dito repellente, sospirando nello strazio generale la fatidica frase: «Telefono - casa».
Ma cosa ci hanno raccontato, finora, gli esperti di sociologia spaziale? Ma cosa si sono fumati? E cosa hanno visto, a questo punto, anche i famosi avvistatori di Ufo, che da oltre cinquant’anni ci mostrano foto sfuocate di strani dischi luminosi sopra le autostrade: li hanno visti davvero, o semplicemente tornavano da pranzi nuziali e addii al celibato, viaggiando ai confini dell’etilometro?
Davvero c’è di che provare imbarazzo e frustrazione. Non dimentichiamolo: ci sono centri specializzati che da decenni inviano nell’etere suoni e segnali particolarissimi per comunicare con ET. Nelle missioni spaziali, immancabilmente, carichiamo a bordo il corredino del primo incontro, caso mai ET finisse per tamponarci in qualche angolo del sistema solare e si prendesse la briga di frugare all’interno della nostra carcassa per capire chi mai possa guidare così. Carichiamo tutto, con scelta molto studiata: bandiere americane, Divine Commedie, musiche dei Beatles, e persino foto di Marilyn Monroe con la gonna sollevata dal vento, eventualmente ET fosse pure un po’ mandrillo.
Come nasconderlo: ci siamo volentieri cullati nel sogno che un giorno, senza preavviso, fosse ET in persona a presentarsi direttamente qui, sottocasa. E che comunque, per quanto infinitamente più evoluto di noi, finisse comunque preda d’incanto e stupore per il nostro inimitabile pianeta Terra, persino se al primo incontro gli toccasse Bocchino.
Niente di tutto questo. ET è un batterio. Uno di quei corpuscoli vagamente ripugnanti che vanno contattati con il microscopio, senza sperare in grandi risposte. Diciamolo: la delusione è immensa.

È una delusione immensa persino per i più carogna e bellicosi di noi, che da epoche remote preparano memorabili guerre stellari, temendo un ET invasore. Non è bello scoprire improvvisamente che per respingere il nemico basta la bomboletta del DDT.

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