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Ma c'è sempre un'altra città che rimane fuori dai giochi

L'altra faccia della Milano olimpica è quella che ai Giochi non partecipa, che resta fuori, in cui lo sport è negato

Ma c'è sempre un'altra città che rimane fuori dai giochi
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Sembra stia diventando il destino di Milano quello di esasperare le contraddizioni. Città con la miglior qualità di vita ma anche la più insicura; la più ambita dai "paperoni" ma con fasce di povertà estrema sempre più inquietanti; accogliente e allo stesso tempo respingente per chi studia, per chi vive di stipendio, per chi non se la può permettere. Vale anche per le Olimpiadi. Per tre settimane (con Cortina) diventerà capitale mondiale dello sport e i riflettori si accenderanno sulle nuove arene, sulle piste del ghiaccio, sulle tante strutture che resteranno più o meno in eredità. Sarà un successo. Ma l'altra faccia della Milano olimpica è quella che ai Giochi non partecipa, che resta fuori, in cui lo sport è negato. Deve far riflettere il fatto che la città che organizza un'olimpiade (anche se invernale) ad oggi si presenti senza una piscina olimpionica, con un Palazzo del ghiaccio come l'Agorà ormai abbandonato e ridotto a bivacco per i clochard, senza una pista d'atletica agibile. E basta un confronto con Berlino dove le strutture a disposizione sono 75, con Monaco che ne ha disponibili 64 o Londra che ne vanta 42 per capire che il biglietto da visita non è di quelli da esibire con orgoglio.

E allora dal 7 febbraio, giorno in cui a Bormio i discesisti apriranno di fatto le danze, prepariamoci a un'ubriacatura di gare, di imprese e speriamo anche di medaglie. Poi però sarà il caso di tornar sobri perchè c'è una città che ha tanta voglia di far sport: ma non sa dove.

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