Siamo in attesa del verdetto popolare, nelle sue grandi linee preannunciato dai sondaggi e dagli umori della gente. La campagna elettorale, con i suoi eccessi e le sue intemperanze - peraltro non gravi - è ormai alle nostre spalle. Preferisco perciò non tornare, in queste righe, ai temi controversi del dibattito tra gli schieramenti, ma attenermi a un unico dominante tema. Cosa si aspetta la maggioranza schiacciante degli italiani - quale che sia la loro collocazione ideologica - dal nuovo governo?
La risposta mi pare evidente, si aspetta che il nuovo governo decida. Anche se i cosacchi non sono alle porte e il pericolo giallo è remoto, l’Italia vive un momento di difficoltà molto simile alla paralisi progressiva. A questo si è arrivati per un insieme di circostanze anche lontane nel tempo, che non starò a rievocare: ma l’accelerazione della corsa verso l’abisso è stata di impressionante velocità dopo che Prodi s’è insediato a Palazzo Chigi. Questo per la storica incapacità della sinistra di tradurre in fatti le sue declamazioni; e per le risse, i no sistematici, le ripetute irresolutezza, i rinvii continui, gli errori clamorosi di un’armata ministeriale tanto numerosa quanto brancaleonesca.
Il Paese deve tirarsi fuori dalle sabbie mobili nelle quali stava inesorabilmente sprofondando. Per riuscirci occorre un’azione coerente, una guida sicura, una visione moderna, la capacità di prendersi e di affrontare le responsabilità.
Queste, lo ripeto, non sono istanze limitate a una metà del Paese che il luogo comune politico vuole spaccato in due, sono istanze largamente diffuse in ogni ambiente e in ogni fascia sociale.
A mio avviso - posso sbagliare - il problema dell’attuale stagione politica non sta nell’individuare gli obiettivi da raggiungere che in larga misura, lo si ammetta o no, sono bipartisan - per questo si è parlato, a ragione o a torto, di programmi in fotocopia -, ma nello stabilire chi possa raggiungerli. Chi potrà realizzare la Tav e altri grandi lavori? Chi potrà restituire all’Italia, con il nucleare, una qualche autonomia energetica? Chi potrà procedere a una riduzione sostanziosa della spesa pubblica? Chi potrà far sì che le pene siano espiate? Promesse in proposito sono fioccate da ogni parte. Ma un conto è promettere, un altro è mantenere. Le mie noterelle non hanno la benché minima pretesa di equivalere a un endorsement ritardatario. L’endorsement lo lascio a colleghi più autorevoli. Sono semplicemente un’estrema sollecitazione a ben valutare - in un’ora d’emergenza del Paese - la valenza del voto.
La domanda allora è semplice.
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