Caccia ai voti «scomparsi» di La Russa

«Che botta. Siamo tornati sulla terra». Alla fine quelli che mancano al centrodestra sono i voti di An. Il partito che avrebbe dovuto militarizzare il Pdl. Quello che tutti descrivevano come una macchina da preferenze ha fatto flop. Si diceva che la battaglia con i candidati ex Fi sarebbe stata impari. Che il partito di plastica sarebbe sparito sotto i colpi dei militanti d’annata. E, invece, non è andata così. Un tonfo ancor più clamoroso, dopo il trionfo dell’anno scorso, quando alle elezioni europee Ignazio La Russa fece il botto e un grande successo fu anche la conquista di un seggio a Strasburgo per il giovane Carlo Fidanza. E tutto si può loro rimproverare, fuorché di averci messo impegno. E soldi. Sontuosa la sede elettorale di corso Vittorio Emanuele, puntualissime le periodiche uscite pubbliche e con i giornalisti dell’infaticabile ministro Ignazio La Russa con l’ultimo comizio organizzato alle spalle del Duomo sul palchetto stile vecchio Msi. Eppure alla fine i conti non sono tornati. Arrivate fino all’ultima le preferenze targate Cl, super preferiti i candidati liberal o ex socialisti. Tutti hanno fatto la loro parte. Un naufragio solo le preferenze di Romano La Russa che si fermano a 9.537 (sesto posto). Politico di lungo corso, ex europarlamentare, assessore in Regione, il fratello di Ignazio si ferma al di sotto delle aspettative. «Abbiamo candidato un cognome che è la storia della destra. Non ci aspettavamo che arrivasse primo come ce la gufavano quelli di Fi - confessa un colonnello ex An -. Ma certo almeno a quota 15mila». Quasi la metà, tanto che il tracollo potrebbe ora coinvolgere anche il fratello Ignazio che qualcuno già pensava coordinatore regionale del Pdl al posto di Guido Podestà. Anche perché i voti di An erano tutti concentrati su un unico candidato. E nell’ala destra del centrodestra, qualcuno comincia a metterne in dubbio quella che fino a oggi era l’indiscussa leadership La Russa. I motivi del tonfo? «Ci siamo appiattiti su Fi. Omologati. Ormai non siamo più riconoscibili, il nostro messaggio non passa più». E, allora, tra l’originale e la fotocopia, l’elettore preferisce l’originale. Cioè Berlusconi. Decisivo anche il continuo smarcarsi di Gianfranco Fini.

Battaglie da laico su temi etici, cittadinanza agli immigrati, no alle riforme, dubbi perfino sul presidenzialismo. E gli elettori di destra scappano. Il risultato? «Da sei a tre consiglieri». E, probabilmente, da tre a assessori a uno.

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