Caccia all’uomo senza volto

Mohammed Deif ha il viso distrutto da un attentato. E dà ordini persino ad Hamas

L’imprendibile è tornato. Ai vertici dello Shin Bet e degli apparati di sicurezza israeliani il file più richiesto è di nuovo quello di Mohammed Deif. È il fantasma, l’imprendibile, il sopravvissuto. Ha 44 anni, è sulla scena dai primi anni ’90, ma di lui non esistono foto ufficiali. Dal settembre 2002, quando scampò al terzo tentativo d’eliminazione, il suo volto è un mistero. Quella volta sopravvisse ai due missili che dilaniarono la sua auto e due compagni di viaggio, ma ci rimise un occhio e una fetta di faccia.
Da allora nessuno l’ha più visto. Da allora l’uomo alla guida delle Brigate Ezzedin Al Qassam dopo l’eliminazione nel giugno dello stesso anno di Salah Shahada, ha sviluppato una paranoica e indispensabile mania per la sicurezza. Si muove e opera da solo spostandosi tra la Striscia di Gaza, l’Egitto e la Siria e comunicando solo con un pugno di superfedeli. Spostarsi di continuo serve a sopravvivere e a controllare i complessi rapporti di forze tra la sua cellula, misteriosa all’interno delle stesse Brigate Ezzedin Al Qassam, e le altre anime di Hamas. Sfruttando le sue capacità di fuoriclasse del terrore, Deif controlla il resto dell’ala militare, discute alla pari con Khaled Meshaal e la dirigenza in esilio a Damasco, ignora il premier Ismail Haniyeh, collabora con i movimenti vicini ad Al Qaida attivi intorno alla città egiziana di El Arish, appena oltre il valico di Rafah. Lo zampino di Deif e i legami con il terrorismo jihadista emergono anche dalla rivendicazione dell’attacco a Kerem Shalom siglato dalle Brigate Ezzedin Al Qassam, Comitati di Resistenza Popolare e da un misterioso Esercito Islamico. La terza formazione, mai comparsa negli annali della lotta armata palestinese, fa pensare a un collegamento con le cellule egiziane.
I contatti non sono una novità. Scomparso nel dicembre 2000 da un carcere sotto il controllo della sicurezza preventiva, Mohammed Deif operò per tutto il 2001 nella zona natale di Khan Younis. In quel periodo Deif, allievo, braccio destro ed erede di Yahya Ayyash l’«ingegnere» di Hamas artefice dei primi attentati suicidi, sviluppò una sua cellula autonoma all’interno delle Brigate Ezzedin Al Qassam. Deif, allora, utilizzò i tunnel tra Rafah e l’Egitto per comprare dai beduini egiziani l’esplosivo delle mine israeliane nel Sinai. Quando questi gruppi vennero infiltrati dall’islamismo più radicale e utilizzati per mettere a segno gli attentati alle località turistiche del Sinai, Deif sviluppò rapporti anche con i nuovi venuti. Questi rapporti gli hanno permesso di trasformarsi in un leader indipendente all’interno della complessa gerarchia di Hamas. Un leader capace di progettare piani militarmente arditi e d’interloquire con la dirigenza politica. Ridimensionato dalla grande vittoria dell’ala politica di Ismail Haniyeh, Deif ha rifatto sentire la propria voce dopo il massacro della spiaggia del 9 giugno scorso imponendo al premier Haniyeh la fine del cessate il fuoco.


Il complesso attacco di Kerem Shalom non è certo una risposta diretta all’accordo sulla fine degli attacchi sui territori israeliani siglato solo poche ore prima dal presidente Abu Mazen e Ismail Haniyeh, ma è il segnale di come Deif, l’ala più radicale di Hamas, i Comitati di resistenza popolare e i gruppi vicini al movimento jihadista siano ormai pronti ad operare in piena autonomia dal governo di Hamas.

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