A caccia dei cimeli di Brando Un altro mito messo all’asta

Giovedì Christie’s venderà al miglior offerente 320 oggetti appartenuti al grande attore americano scomparso a luglio dello scorso anno

Silvia Kramar

da New York

All'ingresso della casa d'aste Christie's, nel Rockefeller center di New York, troneggia un magnifico poster raffigurante un giovane Marlon Brando. È un'immagine fissata nel tempo magico di un cinema che ancora raccontava storie per adulti e nella vita di una star che poi, col passare degli anni e l'aggravarsi della malinconia esistenziale, si sarebbe appesantito, diventando un recluso dietro ai cancelli della sua villa. Proprio in quella villa, nella quale Brando aveva abitato, spesso da solo, a cavallo tra il 1960 e il tragico giorno della sua scomparsa, i curatori dell'asta newyorchese, che si svolgerà giovedì 30 giugno, sono venuti, un anno fa, chiamati dagli esecutori testamentari dell'attore, a raccogliere le cose più belle.
Anche loro, come gli archeologi dell'antico Egitto, sono entrati in questi saloni inesplorati e hanno scavato sotto strati di documenti, fotografie, telegrammi e biglietti di auguri per scoprire il mondo di Marlon Brando. Quest'asta, bellissima, farà dei compratori non solo dei collezionisti di cimeli cinematografici, ma anche dei guardoni: dalle stanze da letto dell'attore, dai salotti, dai cassetti delle sue scrivanie, dalle biblioteche e dall’immenso ripostiglio, sono usciti settant'anni della sua vita.
Nella prima bacheca di Christie's è esposto un cartello di legno su cui si legge: «Non disturbate Marlon». Veniva appeso sul suo camerino, con un piccolo vaso di fiori vagamente tirolese incollato in un angolo, a far da portafortuna ogni qualvolta Brando iniziava le riprese di un film. E sembra ancora che l'attore torni a chiedere al pubblico, e ai compratori, di camminare in punta di piedi nella sua vita privata. In vendita, giovedì, vi saranno tutti i copioni dei suoi 40 film, due dei quali gli hanno regalato una statuetta dell'oscar: Fronte del porto, del 1945 e Il Padrino, del 1972. Sono tutti pieni di annotazioni personali, di appunti e leggendoli sembra proprio di entrare nella mente di un attore per il quale era sempre stato impossibile gettar via anche le cose più piccole della sua vita. Che ora diventano cimeli.
Sono forse le lettere personali, quelle che ha scritto e quelle che ha ricevuto, a tracciare meglio di documenti, fotografie, chimono giapponesi, quadri e acquerelli, argenteria, orologi e statue, il percorso di un attore che aveva dichiarato: «Recitare è il mestiere più vecchio del mondo. Non la prostituzione». Una citazione che gli organizzatori dell'asta hanno appeso, a grandi lettere, sulle pareti della casa d'aste insieme ad un'altra: «C'è ancora gente che quando m'incontra crede che mi chiami Stanley Kowalski», cioè il protagonista di quel dramma teatrale, Un tram chiamato desiderio, che l'aveva lanciato, nel 1947, sui palcoscenici di Broadway. Prima che Hollywood se lo ingoiasse, facendo di lui l'attore più bravo di tutti i tempi.
Tra le lettere spicca quella inviatagli da Mario Puzo, che annunciava di aver appena finito un romanzo intitolato Il Padrino e gli chiedeva di interpretare il vecchio don Corleone.

C'è quella inviata da Alberto Grimaldi il 3 novembre del 1972, dalla Produzioni europee associate di Roma, nella quale gli annunciava che L'ultimo tango a Parigi era piaciuto moltissimo al festival del cinema di New York e che dovevano aspettare, con ansia, che la censura permettesse loro di mostrarlo nelle sale di Roma e Parigi. Accanto c'è una copia del telegramma inviatogli dallo stesso Grimaldi in data 3 febbraio 1973: «Caro Marlon, tutti hanno assolto il film. Uscirà in Italia immediatamente».

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