da Milano
Ogni giorno un problema per Walter Veltroni nel Nordest, grane sempre nuove in quella fetta di Italia che la sinistra fatica a capire e dove non riesce a fare presa. Prima il caso di Massimo Calearo, il «falco» di Federmeccanica candidato democratico in Veneto, che alla prima apparizione tv si mostra più berlusconiano di Sandro Bondi («San Clemente Mastella ha fatto bene al Paese perché ci ha liberato di Prodi», «Visco spero proprio che non lo candidino»). Ieri è stato Massimo Cacciari, sindaco di Venezia, a fare innervosire l'ex sindaco di Roma. L'ha fatto col suo stile, brontolando e dando lezioni, con quel tono da «Ve lo spiego io cosa dovevate fare» che sta sui nervi a tanti.
Ma Veltroni è uno tosto, e dopo aver costretto alla marcia indietro Calearo, ha imposto il dietrofront anche a Cacciari. Il sindaco-filosofo è apparso ondivago, in difficoltà a destreggiarsi tra le sue idee da bastian contrario del centrosinistra e la disciplina di partito, che in campagna elettorale diventa ferrea. Forse si trova anche un po' spiazzato: era stato tra i pionieri del riformismo, tra i primi a non demonizzare Berlusconi e a non illudersi sulla forza di una coalizione che andava da Mastella a Caruso; nel suo precedente periodo a Ca Farsetti aveva lanciato un «partito dei sindaci» che strizzava l'occhio alla Lega e tre anni fa si era fatto rieleggere contro il candidato ufficiale dei Ds per sfuggire ai ricatti della sinistra radicale.
Ora invece la bandiera del riformismo è saldamente in mano a Veltroni, il quale ha proposto come volto nuovo del Partito democratico nel Nordest l'imprenditore più detestato nelle fabbriche. «Calearo non sposterà un solo voto verso di noi», aveva sentenziato Cacciari quando era stata ufficializzata la candidatura: quello che l'imprenditore vicentino guadagnerà a destra lo farà perdere a sinistra.
Il sindaco di Venezia però non si era limitato a giudicare male il capolista del Pd: si era sfogato contro tutta la gestione delle candidature. «Non si costruisce un partito con le scelte imposte dall'alto o con le signorine grandi firme. Ci vuole il radicamento sul territorio, con giovani e donne che rappresentano realtà culturali e anche imprenditoriali. Vorrei sapere se Veltroni vuole fare un partito o un movimento a spot tipo quello di Berlusconi».
Ieri mattina, alla vigilia dell'arrivo di Veltroni dalle sue parti, Cacciari ha messo il carico da 90. L'ha fatto con un'intervista ai tre quotidiani veneti del gruppo Espresso, gli stessi sui quali Veltroni replicherà oggi. «Non è che si può fare lo spot, venire qui ogni tanto prima del voto e poi ripetere gli errori di sempre - ha detto -. Andrò domenica a salutare D'Alema, ma da Veltroni no. Il modo con cui hanno fatto le liste è orrendo. Bisognava dare un segnale di rinnovamento, invece siamo ai paracadutati, ai riciclati e ai soliti nomi. Non mi hanno ascoltato, si arrangino».
La settimana scorsa Cacciari aveva incontrato Goffredo Bettini, il coordinatore del Pd. «È venuto qui da Roma a nome di Veltroni, mi ha chiesto delle cose, ci siamo parlati per unora, poi hanno fatto lo stesso quello che volevano. Così il centrosinistra in queste regioni è destinato a straperdere». Cose che pensano in molti, visti i mal di pancia creati ovunque dalle liste veltroniane. Non mancano gli auguri al partito e anche a Calearo, contro il quale però Cacciari ha lanciato un secondo siluro. «L'ho visto in tv e francamente mi è parso uno sprovveduto. Come si fa a dire quelle cose quando hai di fronte Enrico Letta?». Non puoi.
Ma come fai a dire queste cose a un mese dalle elezioni? Te le devi rimangiare.
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