Cade un mito: le colombe sono cattive, i falchi buoni

In questi giorni si fa un gran parlare nel Pdl dello scontro tra «falchi» e «colombe» sulla giustizia. Nell’immaginario collettivo la colomba rappresenta il simbolo della pace, bontà e purezza, riprodotta perfino nel dolce pasquale. Invece spesso il termine «falco» viene usato metaforicamente per indicare atteggiamenti aggressivi, bellicosi e interventisti. Questa credenza è errata: nel regno animale le due creature sono l’opposto. La colomba è un animale aggressivo, possessivo, difende il proprio territorio a tutti i costi, e pare che in alcuni casi pratichi addirittura il cannibalismo. I bellissimi colombi Fiorentini, oltre a essere estremamente aggressivi tra di loro, tendono a rompere uova altrui. La colomba, in particolare le tortora, non conosce la parola pietà neppure con i suoi simili. Konrad Lorenz, l’etologo premio Nobel nel 1973, nel libro L’anello di re Salomone scrisse: «Misi due tortore in un ampia gabbia. All’inizio non presi sul serio le piccole baruffe che scoppiavano tra i due futuri sposi... ma rincasando il giorno dopo mi trovai di fronte a uno spettacolo orrendo. La tortora nostrana giaceva a terra, aveva la nuca, il collo e tutto il dorso completamente spennati, ma talmente martoriati che formavano un’unica sanguinolenta ferita. Ritta nel mezzo di questa piaga, stava l’altra colombella della pace, che con quell’espressione trasognata, che la fa apparire tanto simpatica all’osservatore, continuava senza posa a frugare con becco nelle ferite del suo povero soggiogante compagno. Se questo tentava di risollevarsi, essa subito lo aggrediva, sbattendolo al suolo con le sue tenere alucce, e proseguiva nel suo lento e micidiale lavorio». Il commento di Lorenz fu: «Le tortore sono le più feroci con gli animali della propria specie».
Il falco invece, è un animale nobile: non infastidisce le altre creature né tanto meno i suoi simili, e quando caccia lo fa solo per la sua sopravvivenza e quella dei suoi pulcini. Per la sua lealtà e signorilità è un simbolo anche per l’ambientalismo. Presso gli antichi egizi incarnava Horus, la divinità del cielo e del sole, la sua natura comprendeva una chiaroveggenza che gli consentiva di vedere ogni cosa con una sviluppata consapevolezza. I greci lo consideravano il nunzio di Apollo, per gli indiani di America era un animale Totem, incarnava forza, coraggio e lealtà. Venne perfino adottato come simbolo negli stemmi della cavalleria e di città per la sua nobiltà ed eleganza, il carattere fiero e deciso, la vista acuta, il volo elegante e silenzioso. Federico II di Svevia, eclettico uomo di ingegno e mentalità libera, nutriva la passione per l’attività della caccia, ma solo con il falcone. Era antica tradizione infatti prediligere questi rapaci per cacciare, poiché il falco non mangiava la preda, rispettando il falconiere. Non è un animale aggressivo, anzi mansueto e facilmente addestrabile per la sua intelligenza e ancora oggi è fondamentale perché allontana gli uccelli e garantisce la sicurezza negli aeroporti ed è utilissimo nelle discariche, nelle zone agricole e nell’itticoltura.


Angela Damiano, responsabile del Centro recupero della fauna selvatica Lipu di Casacalenda nel Molise, ricorda: «I rapaci sono intelligenti e molto rispettosi. Quelli che vengono curati associano al cibo il rumore che si fa aprendo la gabbia. E non ci attaccano mai, aspettano da mangiare». Quando si dice l’abito non fa il monaco.

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