Una Cadillac rossa per conquistare la bella Zas

«Ovunque e al mio fianco», romanzo d’esordio di Paolo Cioni, è un lungo viaggio a tre nel cuore della Spagna

Paolo Cioni è nato in Liguria, è cresciuto in Emilia e si è laureato in Architettura a Firenze. Nel 2004 ha fondato una rivista di letteratura, musica e arte varia, Experience, oggi al numero 8 (detto per inciso, la rivista ha un condirettore misterioso che scrive editoriali lunghissimi, non si fa mai vedere, si chiama Benedetto Montefiori... e qualcuno mormora di un grande vecchio che vive in un castello della Romagna). Paolo Cioni scriveva romanzi da un pezzo, ma non li faceva leggere quasi a nessuno, poi un suo dattiloscritto, per «colpa» di un amico, è capitato nelle mani di Alberto Rollo, importante editor della Feltrinelli, che si è innamorato del romanzo... ed ecco l'esordio di Ovunque e al mio fianco (pagg. 199, euro 9.50). Una storia che ci porta in Spagna, sulle orme di un lungo viaggio che ha il sapore di una fuga. Barcellona e il cuore della Spagna a bordo di una Cadillac rossa rubata a un fan di Elvis. I protagonisti sono tre. Benedetto (il nome è ispirato a Montefiori?), fotografo di Busseto. Zas, bella ragazza che lo ha stregato, e Milagro, amica di Zas. La musica attraversa tutta la vicenda, che si muove in ambienti notturni dove appaiono figure di ogni tipo, tanto strane quanto vere. In sottofondo si sente strisciare una malinconia leggera, esorcizzata da una delicata ironia. Molta azione, molto movimento. Un'avventura tinta di nero, ma illuminata dall'incrollabile desiderio di Benedetto per la bella Zas. Già al primo romanzo Cioni ha una scrittura matura, da narratore navigato. La sua parola è sempre la servizio della storia, non cerca mai di essere protagonista, di essere «bella» per far bello l'autore. Cioni quando scrive sparisce dalla pagina e lascia vivere i personaggi di vita propria.
Fuori la verità, Cioni, da quanti anni scrivi?
«Tutta la verità: ho cominciato a scrivere quasi vent'anni fa. Ma non ho mai avuto la sensazione di aver buttato via il tempo, ho letto, mi sono esercitato, qualche volta ho fallito, ma adesso sono qui. Mi piace pensare al mio esordio come a un invito a partire, per i lettori e per gli amici. Le cose migliori che ho scoperto in questi anni mantengono questo sapore: nella narrativa, nella musica, nel cinema, come nella vita, il viaggio ha la portata di un'esperienza iniziatica».
Quali sono i tuoi miti letterari? Chi c'è dietro la scrittura di Paolo Cioni?
«Sicuramente i grandi americani, non posso negarlo, da Steinbeck e Caldwell fino ad autori lontanissimi fra loro come Saul Bellow, Fante o Jim Harrison. I primi vennero filtrati da Pavese e Vittorini, fissando per me un punto di contatto forte con la lingua italiana. Quando ero un ragazzino amavo Hemingway come tutti, e Kerouac (poi ho scoperto Capote che diceva: “questo non è scrivere, è battere a macchina”). Ma c'era passione, più che nelle pagine di Capote, per cui sono contento che la strada con la sua meravigliosa e imperitura metafora torni anche nel mio esordio».
Come ti è venuta l'idea di fondare una rivista come Experience?
«Da un assunto semplice e apparentemente poco condiviso: letteratura, musica, scienza, fotografia - e in genere ogni forma di ricerca - hanno obiettivi comuni. Perché non provare a mischiarle? Non poteva uscirne che qualcosa di buono.

Molti hanno aderito alla nostra esperienza multisensoriale, attratti dalla natura sperimentale, ma anche gioiosa, di una rivista stampata su otto tipi di carta differenti, che contiene un cd, che profuma, che regala romanzi agli abbonati».

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