Lo diceva Giulio Andreotti: «Comunque vadano le cose al di qua e al di là del Mediterraneo, la Giamahiria araba avrà sempre una sua incidenza». Tesi tornata di grande attualità ieri sui mercati, dove la caduta del colonnello Gheddafi è riuscita a rianimare Piazza Affari (+1,85%) trainata dai guadagni delle società con interessi sul mercato libico. Per il settore energetico si può tornare infatti a sperare nello sblocco delle forniture di petrolio libico: Paesi come Italia, Francia e Spagna hanno fatto affidamento nel corso del 2010 sulle forniture di Tripoli rispettivamente per il 22%, il 16% e il 13% dei consumi complessivi di oro nero. Il quarto Paese produttore di idrocarburi del continente africano prima della crisi politica esportava, verso lEuropa, l80% della sua produzione, in particolare verso Italia e Francia. Le esportazioni di petrolio dovrebbero riprendere progressivamente per salire nel 2012 al 50% del loro livello prima del conflitto, e al 100% nel 2013. Non a caso, a guidare la pattuglia dei rialzi è stata Eni con un balzo del 6,3%. Lo stesso ministro degli Esteri, Franco Frattini, dopo aver confermato che i tecnici del gruppo sono già partiti per la Libia, ieri ha indicato che il Cane a sei zampe «ha un futuro da numero uno. Noi immaginiamo il futuro della Libia, avviando già adesso dei team per la ricostruzione politica, economica, infrastrutturale, energetica».In Libia è presente anche Finmeccanica attraverso società del gruppo come Selex, AgustaWestland e Ansaldo che ieri ha guadagnato in Borsa il 5,2%. «Con Bengasi abbiamo già parlato. Aspettiamo che si arrivi presto a stabilire un governo stabile per ricostruire i nostri contatti. Riteniamo che i contratti in essere verranno rispettati e che siano in salvo», ha detto lad di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, al meeting di Cl precisando poi di non aspettarsi «nulla nel breve periodo». Anche Danieli, che progetta, costruisce e installa macchine e impianti competitivi per lindustria siderurgica in tutto il mondo, beneficia delle ultime notizie arrivate dalla Libia. Il gruppo friulano vanta, al momento, un contratto nel Paese, ormai in fase avanzata di costruzione: la ristabilizzazione dellordine permetterà di completare i lavori residui e avviare limpianto. Altro investitore è Iveco (Fiat Industrial) presente con una società mista e un impianto di assemblaggio di veicoli industriali. Nel settore delle costruzioni operano, poi Bonatti, Garboli-Conicos, Maltauro, Ferretti Group e Impregilo che è in gara per la costruzione dellautostrada costiera libica prevista dal trattato di amicizia e cooperazione firmato nel 2008. I lavori che sono stati riservati a imprese italiane valgono circa tre miliardi di dollari e riguardano lintero tracciato, i 1.700 chilometri della superstrada Rass Ajdir-Imsaad. Senza dimenticare i possibili sviluppi per il business dellimpiantistica (Tecnimont, Techint, Snam Progetti, Edison, Ava, Cosmi, Chimec, Technip) e delle centrali termiche (Enel Power). «Se si risolve in maniera positiva e si chiude una parentesi violenta ci sarà la possibilità di una maggiore disponibilità di energia fondamentale per la ripresa economica», ha sottolineato lamministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, aggiungendo che il gruppo potrà valutare «opportunità» di investimento nel Paese nordafricano. «Avevamo deciso di non avere relazioni con il regime perché non ci piaceva: la situazione può cambiare, la Libia può diventare una democrazia e noi potremmo guardare a opportunità, se ce ne saranno».
Nel frattempo il governo, ha assicurato ieri il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, sta «provvedendo a un emendamento, non so se in manovra, per le centinaia di aziende italiane in Libia che hanno avuto danni».
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