Caffè, occhiaie e firme all’alba: il crepuscolo del «rito giuliano»

da Roma

La maratona sindacale notturna di rito giuliano - nel senso di Giuliano Amato che, da presidente del Consiglio, la introdusse e codificò nella teoria e nella prassi tuttora seguite - compie diciassette anni, ma è come se ne avesse settanta. Tanto che, probabilmente, la vicenda Alitalia rappresenterà il suo canto del cigno. Così come la maratona della Finanziaria da 14-15 ore è stata sforbiciata da Giulio Tremonti a 9 minuti e mezzo circa, secondo più secondo meno, anche i defatiganti negoziati sindacali dovranno pur diventare diversi: ben preparati, stringati nelle conclusioni, e condotti alla luce del sole.
Che il negoziato notturno sia diventato un vecchio arnese, lo dimostra il fatto che sull’Alitalia siamo arrivati alla maratona numero quattro, e le conclusioni sono ancora da raggiungere. Prima, di maratone ne bastava una. In qualche caso si arrivava a due. Ma quattro sono troppe, vuol dire che qualcosa non va. Paolo Cirino Pomicino spiega che nella vituperata prima Repubblica le maratone notturne non c’erano. «Non ce n’era bisogno perché le trattative venivano istruite per bene nelle settimane precedenti. Ad esempio, sulla Finanziaria - ricorda - passavamo l’intero mese di settembre a sentire tutti i ministri di spesa. Era un’istruttoria seria, civile. Poi, in Consiglio dei ministri, si risolveva tutto in tre ore. Lo stesso coi sindacati. Si facevano incontri preliminari, riservati. Ne ho fatti tanti a casa mia o nel mio studio di via Sicilia. E le cose si risolvevano in fretta. Poi è arrivato Amato, inventando la pièce teatrale per cui bisogna chiudere i negoziati alle 5 del mattino... e non è che i risultati siano stati migliori. Si è solo aggiunta scena, teatro, con finali da “arrivano i nostri”, ecco».
La teatralità della maratona notturna è dimostrata dalle sue tre fasi, i tre atti dal canovaccio immutabile: l’entrata in scena, con ottimismo e pessimismo di facciata da parte dei diversi protagonisti; la quasi-rottura a un dato momento della notte con il fatidico appello «fermate le lancette dell’orologio!»; il finale a lieto fine mentre sulla capitale albeggia. Spesso i tempi della pièce sono dettati dai telegiornali. «C’era ad esempio Ottaviano Del Turco, segretario aggiunto della Cgil - ricorda l’ex sindacalista Giuliano Cazzola, oggi deputato - che entrando a Palazzo Chigi si fermava sempre a scambiare due parole coi giornalisti. Parlava della Lazio, o magari di un film, perché la trattativa non era neppure incominciata. Ma la sua faccia finiva sempre nel tg delle venti».
Ma perché la notte? «Alcuni aspetti fanno parte del rito - risponde Sergio D’Antoni, che di maratone notturne ne ha fatte tante, da segretario della Cisl prima d’avventurarsi in politica - si crea una tensione, una drammatizzazione, i lavoratori vedono che il sindacato tratta sino alla fine. Certe volte - aggiunge D’Antoni - si va avanti per non perdere quello che appare il “momento magico”, in cui si può davvero arrivare all’intesa. Altre volte si scorge nella controparte un momento di stanchezza che può essere preso al volo per strappare un vantaggio, una concessione. Però, è anche vero che delle nottate di trattativa inutili ho perso il conto... ».
Non sempre inutili, però. Anzi, D’Antoni ricorda volentieri la maratona notturna tra il 30 novembre e il 1 dicembre del ’94, quando i tre segretari di Cgil, Cisl e Uil (Cofferati, D’Antoni stesso e Larizza) trovarono con Silvio Berlusconi e i suoi ministri un’intesa sulla riforma delle pensioni. «Nessuno lo ha mai detto apertamente, ma in quell’accordo ci sono le basi della riforma Dini del ’95, in vigore oggi». Insomma, anche in quella circostanza turbolenta c’era stato il lieto fine.
S’insinua a questo punto il sospetto che la trattativa Alitalia non sia stata ben preparata, che l’istruttoria sia stata frettolosa e abborracciata. Si è avuta la sensazione di patti segreti stipulati con il sindacato confederale, a spese degli autonomi che pure rappresentano la stragrande maggioranza dei piloti. Col tempo si capiranno gli errori, tattici e strategici, che sembrano caratterizzare questa vicenda. Si capirà meglio chi li ha compiuti, se la cordata degli acquirenti, i sindacati, i mediatori governativi. In ogni caso, è apparso chiaro che le regole della maratona codificate da Giuliano Amato non funzionano più. Sono irreversibilmente destinate al dimenticatoio, pena ulteriori fallimenti. Delle maratone sindacali notturne resterà solo l'aneddotica, gli episodi che fanno sorridere.

Come quello che racconta, di se stesso, Cazzola: «Stravolto, durante una nottata di trattativa al ministero sul contratto dei chimici, trovai una panca e mi addormentai. Quando mi svegliai se n’erano andati tutti, anche gli uscieri. Mi ritrovarono, affamato ma vivo, l’indomani».

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