Ci deve essere un seme prezioso nella fertile terra friulana che fa sbocciare atleti di qualunque arte sportiva, da Primo Carnera a Dino Zoff, da Enzo Bearzot a Irene Camber e Jonathan Milan. E poi Lorenzo Buffon da Majano, case, chiese, storia travolte e sconvolte dalle terribili scosse di terremoto, la sera del sei maggio del 76. Era bello, Lorenzo, forte di fisico e di solitario carattere, premessa giusta per quella che sarebbe stata la sua scelta nel football: portiere. L'epoca offriva le gesta e i gesti di Valerio Bacigalupo e di Cochi Sentimenti IV, andare tra i pali rappresentava una sfida poetica, cosi scrisse il triestino Saba nel suo magnifico testo: «Il portiere caduto alla difesa ultima vana, contro terra cela la faccia, a non veder l'amara luce...». Lorenzo firmò il cartellino con la Portogruarese, da quelle parti ronzavano gli uomini di campo delle grandi squadre del nord, Inter, Juventus, Milan. Ai rossoneri lo prese, su segnalazione di Larenti, Toni Busini che da quelle stesse terre veniva, l'anno 49 segnò l'inizio dell'avventura di Buffon tra i professionisti, il Milan era l'isola del tesoro per il frut furlàn che scoprì i giganti, Nordahl, Liedholm, Gren, i maghi svedesi; quando si fermò Bardelli toccò a lui.
Vennero scudetti e gloria, il portiere mostrava prese robuste, fu battezzato Tenaglia, la segatura e la polvere dei campi di calcio erano il suo parco giochi, il tuffo, la deviazione, il colpo di reni, l'uscita aerea, la presa, furono il suo pane quotidiano, la nuova fama lo portò a frequentare ritrovi e feste. Qui fece l'incontro con una bionda indossatrice, Edda, detta Edy, Campagnoli, famosa per essere la valletta di Mike Bongiorno, in rigoroso silenzio lei portava le buste delle domande da consegnare a Mike e accompagnava i partecipanti al quiz di Lascia e Raddoppia. L'Italia si radunava dinanzi ai televisori per l'appuntamento puntuale del giovedì, giorno anticipato dal sabato dopo le proteste degli esercenti dei cinematografi svuotati dal grande show. La Campagnoli nulla aveva della vamp ma la sua grazia ed eleganza discrete fecero colpo, Lorenzo indovinò l'uscita, andarono sposi a Milano, nella chiesa San Gottardo, davanti a spalti gremiti di tifosi e fotografi, era quella la coppia del pettegolezzo, il fusto e la diva. Nacque anche Patricia, prima della separazione, la carriera di Buffon fu completa tra scudetti, quattro con Milan, uno con Inter, quindici volte in azzurro, due coppe Latina, la figurina sull'album Panini, la pubblicità dell'Alpecin, il balsamo contro la caduta dei capelli, insomma il successo. In verità in alcuni eventi lo molestarono chiamandolo il signor Campagnoli, se ne infischiò. Non per questo Lorenzo cambiò la sua esistenza privata, gli piaceva andare a pesca sul Tagliamento, portava a casa trote e lasche e varioni, prese a studiare pittura e si iscrisse ad un corso serale, cinquantadue quadri, da lui dipinti e firmati, stavano appesi nelle stanze di casa. Un giorno portò uno sbarbato Gian Luigi Buffon al provino del Milan, Gigi era il secondo cugino del nonno di Lorenzo, parenti sì ma da remoto si potrebbe dire. Gigi fu respinto al mittente e viaggiò a Parma mentre il congiunto continuò ad occuparsi di pescare non soltanto nel Tagliamento ma sui campi cosiddetti minori, un bel colpo fu Gianluca Pessotto, figlio di Latisana, dove aveva nuova dimora Buffon, dopo una serie di viaggi nelle Americhe. Anni lontani ed eroici, era così illustre, Lorenzo, che fu invitato a Mosca da sua maestà Lev Jashin che aveva conosciuto nella selezione resto del Mondo.
Il tempo, ignorante e feroce, ha portato via il ricordo di questo campione, il cognome gli è stato rubato da Gigi, i due rarissimamente si sono frequentati come avrebbero potuto e dovuto. La morte è arrivata nello stesso giorno di memoria per George Best e Diego Armando Maradona, ribelli artisti di un football che fu. Come il pallone di cuoio nelle mani di Tenaglia Buffon. Mandi Lorenzo.