
Amos Adani e sua moglie Angela si sono gustati insieme il trionfo del Bologna in Coppa Italia. Non c’è scappata la lacrimuccia, ma quasi... Amos Adani è infatti il portiere che l’8 aprile 1970 con i rossoblù di capitan Bulgarelli, portò la prima Coppa Italia nella città delle Due Torri; e Adani c’era anche 4 anni dopo, quando il Bologna riuscì a mettere in bacheca la sua seconda Coppa Italia. Ieri è arrivata la terza e per i coniugi Adani è stato come rivivere la loro storia d’amore. Intrecciata a doppio filo con Bologna.
"I ragazzi di Italiano mi hanno emozionato. Portandomi alla memoria quell’indimenticabile 8 aprile di 55 anni fa - racconta Adani al Giornale.it -. Allora in tribuna c’era anche mia moglie, incinta della nostra prima figlia". Tra i pali, in altrettanta «dolce attesa» (di una vittoria contro la grande Juve), c’era invece un portiere giovane e un po’ «hippy», con la fascetta elastica sulla fronte (in stile Tomaszewski, l’iconico portiere della Polonia) per bloccare la lunga zazzera, tipica dei «capelloni» anni ’70.
Ma Amos non era solo un portiere esteticamente «avanti», ma soprattutto un calciatore che interpretava il ruolo già in maniera moderna: «A Modena avevo cominciato da mezzala, quindi ci sapevo fare pure con piedi - racconta -, poi una volta misi i guanti e cominciati a tuffarmi. Fu la svolta...».
Quando nel ’68 passa dal Modena al Bologna, Amos ha poco più di 20 anni, tanto talento e voglia di sfondare: la sua figurina Panini con la maglia purpurea accende di colore l’immaginazione di un pubblico abituato alla casacca grigia di Zoff e a quella ancor più tenebrosa di Cudicini (il «ragno nero», non a caso). Solo Ricky Albertosi osava col rosso (e pure col giallo) senza però mai spingersi oltre. Adani, almeno sotto il profilo del look, gli fu superiore: «Quella fascia tra i capelli mi dava sicurezza, facendomi sentire quasi un super eroe - spiega Amos -. Una volta litigai anche con mister Fabbri perché voleva a tutti i costi che indossassi una maglia gialla che a me non piaceva. Il calcio vive anche di queste piccole scaramanzie...».
Di allenatori Adani ne ha avuti parecchi. Il più pittoresco? «Oronzo Pugliese (ispiratore del celeberrimo «Oronzo Canà» by Lino Banfi ndr). Il mister aveva preso bonariamente di mira un giocatore del Bologna, Pace. Una volta a cinema lo vide fumare (all’epoca nei cinema si poteva...), si fiondò in platea dalla galleria e gli mollò uno sganassone: “Un vero atleta non fuma!“. Un’altra volta, sempre il povero Pace, fu beccato con la sigaretta in bocca fuori dall’hotel dove eravamo in ritiro: “Cosa stai facendo?“ gli chiese Pugliese, e Pace: “Respiro un po’ di aria pulita...“. E via con un secondo sganassone...».
Con capitan Bulgarelli c’era invece poco da scherzare: «Un autentico fuoriclasse, più forte anche di giocatori più celebrati di lui, tipo Rivera. Aveva solo un difetto: non sempre aveva la stessa voglia di trascinare la squadra. E, quando non girava lui, anche noi facevamo una gara in tono minore. Anche Pecci era un fenomeno e grazie al suo senso della posizione la mia porta sembrava più stretta…”. Un rimpianto? «Mi voleva la Juve. Ma al momento di partire, Fabbri impose che rimanessi. Chissà come sarebbero andate le cose in bianconero...». La carriera di Amos è stata comunque ad altissimi livelli, se pur condizionata dalla pubalgia che lo ha frenato nel momento migliore. Il più forte portiere oggi in circolazione? «Donnarumma, se vincesse la Champions sarebbe da Pallone d’oro».
Da quando Amos ha attaccato i guanti al chiodo gestisce con la moglie Angela la «Boutique di Adani», la più glamour di Modena. Amos il pallino della moda da gentleman stravagante e fuori dai canoni classici ce l’ha sempre avuto. Tutto cominciò con una fascetta tra i capelli e una maglia rossa... I simboli di un campione senza tempo.
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