Mondo nel pallone

La favola Wrexham e l'altro lato del calcio moderno

Lo storico club gallese è uscito da un purgatorio durato 15 anni in National League, la quinta serie inglese. I due proprietari, Ryan Reynolds e Rob McElhenney, hanno scelto di mettere la comunità al primo posto, vincendo una scommessa che scopre il lato meno degenerato del calcio moderno

Rob McElhenney e Ryan Reynolds, i proprietari del Wrexham Afc. Foto: Agenzia Fotogramma.
Rob McElhenney e Ryan Reynolds, i proprietari del Wrexham Afc. Foto: Agenzia Fotogramma.
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Il calcio moderno ha smesso di emozionare. Il legame tra le tifoserie e le squadre, ormai trasformatesi in rigide aziende multinazionali, è sempre più impersonale e compromesso da una reciproca ostilità. Il denaro comanda e si impone sulla volontà della comunità. Chi scrive è un convinto oppositore della cultura passatista, eppure qualcosa a un certo punto è cambiato. L'esplosione dei bilanci ha creato dei "mostri". Un dogma che ha infettato anche altri sport, ma che nel calcio, in particolare quello italiano, ultimamente si riscontra con maggiore frequenza. Ma soffermandosi troppo sui difetti superficiali, si trascurano quelle eccezioni remote e silenziose che meriterebbero di essere osservate con attenzione. Una di queste è il Wrexham, club della città omonima del Galles.

Lo stadio più antico del mondo

Il nome non innescherà una risposta nostalgica ai lettori, ma in realtà è una delle squadre più antiche del mondo. Fondata nel 1864, il suo stadio, denominato Racecourse Ground (Y Cae Ras in gallese), è stato inaugurato nel 1807, data che lo rende il primo impianto calcistico della storia, come riconosciuto dai Guinness World Records, anche se inizialmente venivano organizzate corse di cavalli e partite di cricket.

La storia del Wrexham non è equiparabile a quella di altri club più blasonati, ma per tanti anni la bandiera della tradizione sportiva nazionale del Galles è stata sorretta da questa squadra. Il suo miglior risultato? La cadetteria, raggiunta in varie iterazioni, militando per otto diverse annate nella Coppa delle Coppe, in cui ha affrontato la Roma (perdendo) nella stagione 1984-85. Ma dopo un epico terzo turno di Fa Cup vinto contro l’Arsenal nel 1992, il Wrexham è finito in balia di una spirale di insuccessi.

Un purgatorio chiamato National League

Dal 2008 ha disputato 15 stagioni consecutive nella National League, il ramo più basso del professionismo britannico: nessun’altra formazione ha mai giocato per così tanto tempo nella quinta serie inglese. Un purgatorio dove il sodalizio gallese ha espiato a lungo le sue colpe nell’ombra di Swansea e Cardiff City, le due “big” del calcio gallese che, salvo una recente qualificazione europea, non sono tuttavia riuscite a cancellare la reputazione di “yo-yo club”, ossia quelle squadre che oscillano tra la Premier League e la Championship, salendo e scendendo a intervalli regolari come il filo di un rocchetto.

L’epopea del Wrexham è terminata lo scorso 22 aprile, quando i Red Dragons hanno battuto il Boreham Wood per 3-1 tra le mura amiche, ottenendo la promozione in League Two da capolista dopo aver conquistato a suon di gol un campionato dominato con ben 110 punti, in anticipo di una giornata. Il torneo è terminato ieri, sabato 29 aprile, con un pareggio fuori casa contro il Torquay United. Il risultato ha permesso al Wrexham di restare primo in classifica a +4 dal leggendario Notts County, altra istituzione del calcio inglese in crisi nera da alcuni anni. Si tratta però soprattutto di un’operazione mediatico-commerciale andata a buon fine.

Wrexham Afc
I giocatori del Wrexham alzano in alto il trofeo del campionato vinto lo scorso 22 aprile.

Il segreto dei proprietari del Wrexham

La proprietà, personificata dalla star di Hollywood Ryan Reynolds e dal collega attore Rob McElhenney, è entrata in punta di piedi durante la pandemia, ridando speranza a un ambiente disilluso e già depresso per le ripercussioni del Covid. E malgrado le due stagioni di rodaggio, i cittadini di questo piccolo centro di circa 65mila abitanti situato al confine con l’Inghilterra e a un’ora di macchina da Manchester, vittima di una deprecabile e profonda deindustrializzazione a partire dagli anni Ottanta, hanno ricominciato a vivere. A ritrovare un ottimismo che avevano smarrito nell’inarrestabile transizione dal vecchio al nuovo millennio.

I pub non sono mai stati così pieni, nei negozi si è tornati a spendere e la gente ha di nuovo il sorriso stampato in volto. Reynolds, dotato di un innato istinto imprenditoriale che a marzo di quest'anno lo ha portato a vendere la compagnia telefonica Mint Mobile per oltre un miliardo di dollari, e McElhenney stanno insomma lasciando il segno. La stella polare della loro gestione sono i tifosi, che detengono la maggioranza nel board societario e dunque potrebbero cacciare il bizzarro duo americano da un momento all’altro, se lo volessero.

Ma l’amore di entrambi per Wrexham sembra sincero: il loro arrivo, annunciato con un esilarante spot bilingue (inglese e gallese) sui social, è stato raccontato in una serie su Disney Plus interamente dedicata alla squadra e ai suoi sostenitori. La rosa, con tanto di divise e loghi ufficiali, è addirittura approdata sul videogioco Fifa, grazie a un accordo commerciale con Ea Sports che ha aggiunto i giocatori ai team del "Resto del mondo".

"Una cosa che mi passa per la testa è che all'inizio la gente diceva 'perché Wrexham?': questo (riferendosi alle grida di giubilo dei fan in tribuna, ndr) è il motivo per cui sta accadendo ora", ha rivelato Reynolds in un'intervista rilasciata nel post-partita che ha decretato il passaggio alla categoria superiore del Wrexham.

La promozione in League Two

Ora comincerà un’altra, avvincente avventura in quarta serie, amministrata dall’English Football League (Efl) che distribuisce equamente i cospicui introiti generati dai generosi contratti televisivi e dagli sponsor, facendo rifiatare le società. Beninteso, questa non è l’ennesima favola spuntata all'improvviso, anzi.

Quando la nuova proprietà si è insediata ha messo subito mano al portafoglio assicurandosi le prestazioni del bomber Paul Mullin, disposto a scendere di categoria dopo una stagione da 34 reti con il Cambridge in League Two; e dell’allenatore Phil Parkinson, il mitico tecnico che nel 2013 portò il Bradford City in finale di Coppa di Lega. Il divario con le altre formazioni è lapalissiano. Basti pensare che in porta oggi gioca Ben Foster, il portiere 40enne che fino a un anno fa era titolare in Premier League, protagonista di un'eroica performance nello scontro diretto contro il Notts County di qualche settimana fa. Foster, ingaggiato a marzo da svincolato, ha parato un calcio di rigore al 97esimo minuto, salvando il vantaggio di 3 reti a 2 e, probabilmente, blindando la vittoria del titolo.

Negli scorsi giorni è perfino circolata la voce di un interessamento per Gareth Bale, l’icona del calcio gallese che ha appeso gli scarpini al chiodo appena tre mesi fa a soli 33 anni. L'ex Real per ora ha negato l’intesa con Reynolds e McElhenney per uscire dal ritiro, preferendo concentrarsi sulla famiglia e sul golf, ma l'estate – e con essa la campagna acquisti per il 2023-24 – deve ancora iniziare.

La lezione ai potenti del calcio mondiale

Quello del Wrexham è un raro e fulgido esempio di come i soldi, anche quando sono tanti in proporzione a quanti ne servirebbero, se spesi con accortezza e rammentando l’interesse collettivo possono creare un circolo virtuoso. Il modello degli oscuri consigli di amministrazione che veicolano messaggi contrastanti sul proprio lavoro, muovendosi quasi con il favore delle tenebre ed esponendosi dunque a una mole impressionante di critiche al primo errore commesso, è paradigmatico della deriva lucrativa del Ventunesimo secolo. In Europa le leadership carismatiche di presidenti-simbolo benvoluti da supporter e appassionati stanno venendo soppiantati dai grandi gruppi finanziari che considerano i club un bene come un altro da esibire nel loro incommensurabile patrimonio.

Se il calcio moderno fosse sinonimo di Wrexham, ecco, forse le feroci contestazioni dirette agli organi governativi internazionali, Fifa e Uefa in testa, sarebbero un tantino più composte e misurate rispetto al coacervo di fallimenti, ingiustizie, favoritismi e corruzione al quale si assiste con cadenza pressoché quotidiana.

Perché nel mondo esiste (e resiste) un volto immacolato di questo sport, capace ancora di far provare sensazioni uniche che si stanno dissipando nell'anarchia in cui tutti tentano di destreggiarsi.

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