
Ci sono campioni che lasciano lo sport e concedono l'ultima emozione con poche parole, vere, intense, trasparenti. Luka Modric ha concluso sabato sera, davanti al popolo madridista del Santiago Bernabeu, la sua storia con il Real Madrid, tredici anni di partite, di gloria, di vittorie, di amarezze e di trionfi. Al termine della partita contro la Real Sociedad, ha preso il microfono, ha ringraziato il presidente Florentino Perez, tutti gli allenatori di questa lunga avventura, i compagni di squadra, i tifosi e ha voluto dedicare l'ultima frase con le parole di Gabriel Garcia Márquez: «No llores porque terminó, sonríe porque sucedió», «Non piangere perché è finito, sorridi perché è accaduto». Al suo fianco Carlo Ancelotti, lo stesso passo d'addio, gli stessi occhi, lucidi di lacrime, dall'altoparlante la musica di «a Te» di Jovanotti.
È il senso della vita di leggendari professionisti, è il caldo saluto al calcio e al Real Madrid che sono la stessa cosa, è l'accettazione di una realtà che è andata ad esaurirsi, è la scelta matura di non cercare la lampada di Aladino dei folli denari arabi o la malinconica passerella nelle serie minori, infine è l'elegante lezione di un ragazzo croato di 39 anni e di un ragazzo emiliano di 66, che hanno scelto di riporre il giocattolo e di incominciare un'altra vita.