Lautaro e Thuram: l'Inter gira quando girano loro

Se l'Inter ha lottato ad altissimo livello su ogni fronte, larga parte del merito va alla fotonica accoppiata ThuLa

Ansa
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Zeru tituli, avrebbe detto Mourinho, d'accordo. Ma non è che se l'Inter è arrivata vicinissima ad ogni traguardo, senza poi stringere nulla tra le dita, ci si possa dimenticare d'un tratto del percorso intrapreso. Perché, anche se la squadra di Inzaghi non preme nulla in bacheca, resta la fotografia nitida di una stagione intera giocata fino all'ultimo su livelli altissimi. Un dato che nessuno potrà cancellare. Una fotografia affollata di attori ai bordi, ma con due attori principali: Lautaro Martinez e Marcus Thuram. La ThuLa. Trascinatori di classe e di impeto. Avrebbero meritato di sollevarla, stasera. Ma il calcio a volte sa essere crudele.

Gol sì, ma nei momenti giusti

D'accordo, non saranno loro i capocannonieri del continente, ma chi se ne frega? Provate a contare quanti dei loro gol hanno spostato l’inerzia di una partita. Lautaro ha chiuso con 12 reti in campionato, ma ha brillato soprattutto in Europa: 9 gol in Champions League, trascinatore autentico nei momenti chiave. Thuram ha fatto anche meglio in Serie A, mettendone dentro 14, a cui ha aggiunto 4 sigilli europei, molti dei quali decisivi per la qualificazione ai turni successivi. La ThuLa è magnifica e spietata. Funziona perché non lascia spazio a rivalità alcuna. Nessuno dei due insegue le copertine. Zero capricci da bomber. Solo lavoro sporco, gol pesanti e una chimica commovente.

Lautaro, il capitano con l’elmetto

Martínez è il tipo di giocatore che non ha più bisogno di fare i fuochi d’artificio. In questa stagione è diventato un attaccante riflessivo. Lavora sotto traccia, accorcia, fraseggia, crea. E poi, quando la squadra è in apnea, piazza il colpo che dirime. I suoi 12 gol in campionato forse non sono un gruzzolo all'altezza del suo lignaggio, ma sono spesso arrivati in momenti cruciali. In Champions è stato ancor più decisivo. Tutti hanno ancora sul fondale degli occhi i palloni sbattuti in porta contro il Feyenoord, il Bayern, il Barcellona. Lautaro è diventato un attaccante maturo, che non ha più bisogno di dimostrare nulla. Con la fascia al braccio, ha saputo guidare il gruppo più con l’esempio che con i proclami.

Thuram, l’evoluzione del centravanti moderno

L'altra gemma della ThuLa, Marcus Thuram, ha disputato una stagione ancora più impattante di quella del collega argentino. Ha aumentato il suo peso offensivo, ha trovato maggiore continuità sotto porta ed ha ampliato il repertorio. Se prima era uno che partiva largo per creare superiorità, ora sa anche attaccare centralmente, ricevere spalle alla porta, dialogare in spazi stretti. Alcune sue prestazioni a livello offensivo dovrebbero essere incise in un qualche manuale del calcio. Da quella doppietta al Genoa, all'esordio, non si è più fermato. Ma non si tratta soltanto di gol. Il fatto è che le sue partite sono state quasi sempre monumentali in termini di apporto complessivo.

Due che si capiscono (e si completano)

La chiave, va detto, sta nel modo in cui giocano insieme. Lautaro e Thuram non si pestano mai i piedi. Uno viene incontro, l’altro attacca. Uno gioca corto, l’altro allunga. E viceversa. È una danza, una liturgia a due fatta di istinto e intelligenza. Non ci sono schemi che tengano quando due attaccanti si trovano così bene. Inzaghi ha avuto il merito di lasciarli liberi di esprimersi, ma anche di strutturare un sistema in cui si esaltassero a vicenda. Non è un caso che molti gol dell’Inter nascano da azioni in cui entrambi toccano palla nel giro di due secondi.

L’Inter gira perché girano loro

In una stagione in cui l’Inter ha dimostrato solidità, spessore di rosa e continuità ad alto livello, è impossibile ignorare il peso di questa coppia offensiva. Hanno segnato e hanno fatto segnare. Hanno difeso il pallone, hanno corso all’indietro, hanno preso falli, hanno fatto respirare la squadra. Sono stati, semplicemente, completi.

E se oggi si parla di una grande Inter, capace di alzare la voce in Italia e in Europa, lo si deve anche a due attaccanti che non hanno fatto rumore, ma hanno lasciato il segno. Senza selfie, senza balletti o pezzi trap da rifilare agli ascoltatori. Solo calcio. Di qualità e sostanza.

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