Premessa: se l'attitudine resta quella del primo tempo di ieri sera, ogni riga successiva è destinata a essere vana. Dopo la botta rimediata dai cugini nerazzurri, il tempo che il Milan ha a disposizione per raccogliersi è misurato. Si rigioca già martedì. Pioli poteva prendere un'imbarcata - dopo i fatidici sette minuti iniziali, of course - ma non è successo. Lo 0-2, pur presagio di mestizia, non paluda definitivamente le ambizioni rossonere.
Adesso però c'è da progettare un altro calcio. Bisogna scuotere l'albero rossonero per tentare di proporre i frutti più succosi, quelli delle giornate migliori. Troppo sfibrata la squadra, nei primi 45' di ieri, per dirsi autentica. Troppo scollati i reparti. Troppo disunite le menti, ancor prima che le maglie. Un insieme di sottrazioni che adesso devono sfumare in segno positivo. Perché il punteggio non è una montagna da scalare, anche se resta arrampicata impervia.
Aggrapparsi alla cima di questo risultato e scollinare pare più fattibile se l'asso lusitano ritorna. "Elongazione al muscolo lungo adduttore" è destinato a diventare trending topic insieme a "Recupero Leao" fino a martedì sera. Nel calcio, lo ricorda sovente Max Allegri, ci sono le categorie. E lui appartiene senz'altro alla sparuta combriccola di quelli che hanno i mezzi per far saltare il banco. Innestarlo di nuovo nel 4-2-3-1, al posto del tentennante Saelemaekers - ieri, un paio di sortite a parte, Dumfries se l'è trangugiato - significa ricomporre la fatidica trazione con Theo Hernandez. Il "Theao" è l'arma letale che Pioli spera di poter sfoderare sulla sinistra nel secondo tempo della contesa europea. Il portoghese è l'unico che riesce a creare superiorità numerica a manovella. I suoi allunghi strappano la partita. La sua verve sotto porta può infrangere l'equilibrio.
Leao però non può bastare. Urgono ulteriori rimedi. Chissà se Pioli avrà il tempo di rivedersi tutte le undici sconfitte dell'Inter in campionato. Forse gli basterebbe pure il trailer. Certo, la transitoria fase di deliquio dell'ensemble nerazzurra pare definitivamente archiviata. La squadra è tornata un arnese incandescente. Maneggiarla senza ustionarsi è diventato complesso, ma non impossibile. Al ritorno servirà allora l'esatto contrario della catalessi calcistica del primo tempo di ieri: pressing alto, intensità, volontà feroce di recuperare subito il pallone in uscita. I nerazzurri hanno dimostrato di soffrire chi riesce ad alzare ritmo e baricentro. Poi però occhio. Perchè Inzaghi si chiude a cinque e sbatte i suoi in porta con tre passaggi.
Ieri il solco tra alle spalle dei centrocampisti e davanti alla retroguardia rossonera pareva la festa di fine anno dell'Inter. Tutti a sguazzarci avidamente. Riempire quella distanza, di gambe, di cuore, di testa, sarà cruciale. Sostituire quelle linee al burro fuso con una compattezza ritrovata si rivelerà vitale. Perché il vecchio adagio secondo il quale le grandi sfide si vincono prima di tutto a centrocampo non ha raggiunto quella longevità per caso. Ieri il centrocampo interista ha sopraffatto numericamente i duellanti. Per questo sarà salvifico mantenere ad un'incollatura le tre mezze punte e i due mediani.
Ma è l'intera squadra che dovrà muoversi in uno sciabordio sincronico. Salire e accorciare senza le penose voragini dell'andata sporcherà le linee di passaggio e potrà asfissiare gli inserimenti - letali ieri - degli incursori avversari. Questione di tenuta mentale, prima ancora che di gambe. Pioli dovrà lavorare sodo su quel fronte.
Il Milan contemplato nella ripresa è già una buona notizia. La volontà di rivalsa, mista al peso specifico del premio finale, possono soffiare sulla fiamma rossonera. L'importante è ricordarsi di giocare a calcio per novanta minuti più recupero.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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