“Mi nascose la malattia” La confessione di Mancini su Vialli

Nell'intervista rilasciata dal Ct della nazionale a Bruno Vespa, i dettagli dell'ultimo incontro con l'amico fraterno e la rivelazione di come gli avesse tenuto nascosta la gravità della sua situazione medica "per non farlo soffrire"

“Mi nascose la malattia” La confessione di Mancini su Vialli

Passano i giorni ma non si stempera l’eco della commozione e del cordoglio per la morte di Gianluca Vialli. Dai campi di calcio, dove i minuti di silenzio sono rispettati con precisione quasi svizzera, ai salotti televisivi dove è l’amico fraterno di una vita, Roberto Mancini, a fare chiarezza su un rapporto davvero unico e speciale. Nel corso dell’intervista rilasciata a Bruno Vespa nel programma di Rai 1 “Porta a Porta”, l’ex gemello del gol ha rivelato un lato commovente della vicenda umana del bomber di Cremona. Vialli si tenne per sé a lungo la notizia della malattia e del complicato percorso di cura che stava vivendo. Perché? Per non farlo preoccupare troppo.

Le parole del Ct della nazionale sono dette con la semplicità di chi racconta una storia troppo grande.“Lui non mi ha parlato della sua malattia all'inizio. Me l'ha rivelata nel 2019. Mi disse che aveva questo problema e che lo stava curando. Era molto positivo perché lui è sempre stato un combattente, ma quando mi parlò di questa malattia mi disse di non averlo fatto prima per non farmi soffrire. Da quel giorno sono cambiate tante cose, il tempo che passava e la speranza che lui ce la facesse. Fino all'ultimo abbiamo sperato in un miracolo". Un giorno difficile quello della notizia che fa il paio con l’altro giorno altrettanto complicato, quello nel quale aveva comunicato alla sua Italia di doversi dedicare completamente al percorso di cura che stava per intraprendere a Londra.

"Dobbiamo vincere i Mondiali"

Nonostante tutto l’entourage di Mancini era rimasto sempre positivo, continuando a credere fermamente nel sogno comune: alzare al cielo quella maledetta Coppa del Mondo, quella che gli era sfuggita nel mondiale di casa. "Gianluca mi disse che dovevamo vincere i Mondiali del 2026 e che sarebbe stato con noi. Sicuramente ci sarà molto vicino e speriamo di dedicargli presto una grande vittoria". L’ex blucerchiato parla poi, quasi con pudore, dell’ultimo incontro avuto con Gianluca, quando ormai le speranze di una risoluzione positiva erano davvero al lumicino. "Sono andato a trovare Luca l'ultima volta a Londra prima della fine dell'anno. Avevo un pò di paura. Si è svegliato, abbiamo riso, scherzato, abbiamo chiamato Lombardo. Mi ha detto ‘io sono sereno, stai tranquillo’. Mi ha tirato lui su di morale. Era lucidissimo, ci siamo ritrovati come ci siamo lasciati: bene".

"Un abbraccio che ha racchiuso tutto"

Un rapporto familiare, forse più che fraterno, che si è chiuso proprio nella capitale britannica, a poche miglia di distanza dal mitico arco dello stadio di Wembley, il tempio del calcio che aveva visto il momento più bello con l’Italia, il trionfo contro i padroni di casa nell’Europeo. La memoria corre a quell’abbraccio, genuino e sentito, che aveva commosso il mondo. È stato speciale anche per il tecnico di Jesi, un attimo perfetto sul palcoscenico più importante. Le sue memorie sono però personali, quasi intime: “È stato un abbraccio che ha racchiuso tutto a livello sportivo e non solo. Non stava già bene, ma spero quel momento lo abbia risollevato un po, per noi Luca è stato un personaggio fondamentale per le nostre vittorie. Quando parlava ai giocatori loro raccoglievano tutto”.

Ora, per Mancini come per tutti noi, il compito più difficile: andare avanti come se Gianluca fosse sempre qui, a spronarci a rimanere positivi, senza mollare mai.

Ai posteri giudicare se il suo esempio sarà l’inizio della rinascita della Nazionale dopo le tante delusioni degli ultimi anni. Farlo senza il centro emotivo del gruppo non sarà semplice ma almeno questo a Luca lo dobbiamo.

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