Calcio

Il pagellone del lunedì: il gol di un folle, la fine di un'era, un derby inguardabile

Ripercorriamo i momenti più interessanti, nel bene e nel male, della giornata di Serie A. Per prepararci alla pausa delle nazionali si è visto di tutto: dall'ennesimo blackout del Milan ai gran gol di Dimarco e Bonaventura, al mesto finale dell'era Garcia fino ad un derby tra i più brutti di sempre

Il pagellone del lunedì: il gol di un folle, la fine di un'era, un derby inguardabile
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Nuova giornata, nuovo pagellone dedicato alla 12a giornata del campionato di Serie A. Per renderci più dolce la pausa di due settimane dovuta allo stop per gli impegni internazionali, questo fine settimana lungo ci ha regalato una serie infinita di storie che vanno dal sublime all’incomprensibile fino all’orrido. Ripercorriamo quindi i momenti più interessanti visti in questo weekend, partendo dal lampo di genio di un giocatore che, se non ci fosse, andrebbe inventato.

La follia di Dimarco (9)

Vincere tra le mura amiche contro una delle squadre che, blasone a parte, è una tra le più in forma in questo momento del campionato non è semplice per nessuno. Se poi consideri che la tua rivale storica, quella che affronterai tra 15 giorni nel Derby d’Italia, si è appena ripresa la testa della classifica, il livello di complicazione sale ulteriormente. Cosa fa il signor Federico Dimarco di Calvairate? S’inventa un gol da far strappare i capelli ai fedelissimi della Beneamata.

Dimarco Lautaro Inter Frosinone

Nel postpartita ammette candidamente di aver pensato ad un più sicuro passaggio per Dumfries prima di quel momento di lucida follia che gli ha fatto tentare un gol da ben 56 metri e 8 centimetri, defilato sulla sua fascia, che nessun tecnico delle scuole calcio farà mai vedere ai suoi allievi. Cosa dice lui? “Ho visto Turati fuori… Meno male che è entrata, se no prendevo tanti di quelli insulti che manco immaginavo”. Quando ti riescono robe del genere, vuol dire di solito che è l’annata giusta. Magari in privato Inzaghi gli tirerà le orecchie, ma, almeno per ora, applausi a scena aperta.

La garra del Lecce (8)

Riprendersi dopo la doccia gelata all’Olimpico, quel gol nel recupero che aveva scippato tre punti d’oro sul campo di una grande non è semplice per nessuno. In effetti l’undici di Roberto D’Aversa subisce parecchio nel primo tempo davanti allo scatenato pubblico di casa, ma senza mai alzare bandiera bianca. Il tabellino legge il doppio vantaggio del Diavolo ma in campo si sono viste diverse occasioni ed una squadra sempre viva, che aveva voglia di giocarsela.

Sansone gol Lecce Milan

Al rientro dagli spogliatoi, senza Calabria che tamponava le falle aperte sulla fascia, il Lecce ha avuto vita facile ed ha messo sotto un Milan stanco ed impreciso. Se c’è una sicurezza in questa Serie A è che i salentini la “garra non la perdono mai. Applausi a Sansone, che cambia la partita da solo; complimenti a Banda, che ha il merito di crederci fino alla fine e un abbraccio a Piccoli, il cui splendido gol viene negato da un fallo tanto giusto a termini di regolamento quanto beffardo. Mister D’Aversa inizia a raccogliere quanto seminato finora. Chapeau.

L’eterno Bonaventura (7)

Entrare in campo in uno stadio che perdona poco o niente come il Franchi, dopo tre sconfitte consecutive, con il fiato della tifoseria sul collo e fare come se niente fosse. Giacomo Bonaventura, detto Jack, non si preoccupa più di tanto: appena vede la porta trattiene il respiro e fa partire un siluro, sperando che vada a segno. A parte la bellezza del gol, merita un applauso il coraggio e la sfrontatezza di questo eterno ragazzino che, nonostante le 34 primavere, scende in campo sempre disposto a mettersi in gioco.

Bonaventura gol Fiorentina Bologna

La Fiorentina di Italiano accetta di buon grado l’omaggio del suo talismano ma non ammazza subito la partita. Il Bologna di Thiago Motta mette sotto i padroni di casa per lunghi tratti, sia prima che dopo il pareggio su rigore dell’eccellente Zirkzee, esultanza a parte. La difesa barcolla paurosamente, subisce il 2-1 di Orsolini, annullato poi per fuorigioco ma sa trasformarsi nel secondo tempo. Nel momento più critico della partita, quando dopo il 2-1 di Gonzalez i felsinei sembrano sul punto di travolgere la Viola, cosa fa Jack? Una "veronica" tipo Playstation che fa andare in brodo di giuggiole il Franchi. Forma e sostanza… avercene.

Cioffi non ne sbaglia una (7)

Dopo la vittoria corsara messa nei confronti del Milan, ti aspetteresti che, dovendo affrontare in casa ad un’altra grande, l’Udinese metta la solita prestazione sparagnina fatta per portare a casa un punto. Niente del genere: approfittando di un’Atalanta in crisi d’identità, i friulani mettono forse la migliore partita di questa stagione, lottando con coraggio e convinzione su ogni singolo pallone. I tre punti sacrosanti evaporano per la marchiana scivolata di Kristensen sull’azione da gol di Ederson ma, ancora una volta, Cioffi non ha sbagliato quasi niente.

Walace Udinese Atalanta

Viste le assenze, prova ad inventarsi Joao Ferreira in difesa ed il portoghese mette una prova impeccabile, guadagnandosi anche il calcio di rigore fallito da Success. Il giovane Ebosele sembra un altro giocatore e mette accelerazioni devastanti mentre il figliol prodigo Samardzic, per dimenticare il pasticcio con l’Inter, fa impazzire la difesa della Dea, beccando pure una traversa. Cosa dire poi di Walace, che è lontano parente di quello visto con Sottil? Non sarà tutto merito suo, ma senza Cioffi questa Udinese sarebbe tutt’altra cosa.

Juve brutta ma vincente (6)

Gli esteti del calcio saranno lì a lacerarsi le vesti, a parlare della crisi di due attaccanti che valgono qualcosa come 140 milioni, del fallimento del progetto Juve e chi più ne ha più ne metta. I fatti stanno a zero: l’undici di Allegri ha vinto la sua quinta partita consecutiva ed è sempre lì, a soli due punti da un Inter lanciatissima in campionato e coppa. Onestamente, se non devo farlo per lavoro, le partite dei bianconeri preferisco guardarle in catch-up, così da poter saltare a piè pari i lunghi tratti nei quali succede poco o niente ma ha senso pensare a roba del genere?

Juventus Cagliari festeggiamenti

Sarà fortunato, avrà venduto l’anima al Diavolo, quello vero, ma al labronico Massimiliano Allegri, per ora, sta andando tutto bene. Magari nei manuali di Coverciano i gol dei difensori sono visti come il fumo negli occhi ma, se non hanno cambiato il regolamento, valgono come quelli degli avanti. I gufi diranno che quello che la Dea Bendata concede, prima o poi, se lo riprende con gli interessi. Può essere. Per ora il quinto posto è a nove punti e la Vecchia Signora guadagna sulle rivali dirette. Una vittoria strappata coi denti, faticando come bestie, vale tanto quanto un 6-0. Tre punti sono sempre tre punti – piaccia o non piaccia.

L’infortunite del Milan (4)

Datemi pure dell’esterofilo, se vi pare, ma di fronte al proliferare degli infortuni alla Casa Blanca, il buon Florentino Perez non ha sentito storie: ha preso e licenziato in tronco lo storico responsabile medico. Cosa dovrebbe fare Gerry Cardinale? Nella sola trasferta al Via del Mare, il Diavolo ha perso il migliore in campo col Psg e ha dovuto fare a meno per un tempo del capitano di nome e di fatto, uno dei pochi che non molla mai, anche quando tutto sembra perso. Va bene la stanchezza per la battaglia col Psg, ma il crollo mentale nel secondo tempo a Lecce è frutto dell’assenza di due giocatori chiave, necessari per dare certezze ad un gruppo troppo giovane ed insicuro.

Pioli Lecce Milan

Aggiungi poi le scelte incomprensibili di un tecnico che alterna genialate assolute a roba da far invidia a Tafazzi (va bene che è versatile, ma Musah terzino grida vendetta al Cielo) ed il disastro è servito. Senza i titolari chiave, da Calabria a Leao all’immarcescibile Loftus-Cheek, il Milan è ben altra squadra. Concedere ai salentini la superiorità proprio sulla fascia dove stavano facendo il comodo loro è roba da non credersi. Ammettere di avere un problema serio, come ha fatto Pioli nel post-partita, è un buon primo passo ma se non si troverà in fretta una cura alla maledetta “infortunite” del Milan, questa stagione potrebbe chiudersi già a novembre.

Bye bye Garcia (4)

Un altro degli allenatori che piace alla gente che piace, quelli senza mai un capello fuori posto, che parlano forbito e trasudano classe da tutti i pori sta per fare le valigie e lasciare in disgrazia la panchina dei campioni d’Italia. Napoli è una piazza di quelle da far tremare i polsi a tutti, come visto a suo tempo con Ancelotti e Benitez, ma alzi la mano chi si sarebbe aspettato che Monsieur Rudi Garcia sarebbe riuscito a demolire l’orologio svizzero di Spalletti in soli quattro mesi. Ora che De Laurentiis sembra prossimo a staccare la spina, viene da domandarsi il perché di certe scelte fatte proprio nel momento critico della stagione, quando la distanza dalla vetta inizia a farsi importante.

Garcia Napoli Empoli

Perché mai risparmiare Kvaraskhelia e Zielinski proprio prima della pausa nazionali? Perché mettere in campo gente come Anguissa che sembra in campo per caso, pachidermico nei recuperi e quasi svogliato? Affidarsi ad uno come Elmas, sperando che le sue fiammate occasionali svoltino la partita, non è roba degna di un tecnico di livello. Quando anche gente affidabile come Simeone e Raspadori non imbroccano un passaggio che sia uno, è chiaro che lo spogliatoio ha già deciso di guardare oltre. Ci sarà tempo di capire cosa sia andato storto, se sia una questione di incompatibilità caratteriale o di una certa supponenza, già vista peraltro a Trigoria. Sic transit gloria mundi. Avanti il prossimo.

La grande bruttezza (3)

Il peggio del peggio del weekend di Serie A lo abbiamo visto nelle infinite due ore che ho dovuto passare davanti al televisore per scrivere il racconto del Derby della Capitale. Quella che doveva essere la gara di cartello, preceduta da infinite polemiche, allarmi di sicurezza, inviti alla moderazione, si è rivelata qualcosa di simile ad un insulto al gioco del calcio. Se non fossi stato impegnato a scrivere, sicuramente mi sarei appisolato sul divano, tanto noiose e prevedibili erano le due squadre messe in campo dagli ineffabili Sarri e Mourinho. Dopo un primo tempo se non altro decente, con qualche occasione degna di questo nome, invece dei fuochi di artificio che ti aspetti da squadre ambiziose, che puntano con decisione all’Europa che conta, il nulla cosmico.

Sarri Mourinho Lazio Roma

45 minuti e spiccioli inguardabili, animati da liti più o meno artefatte per dimostrare ai tifosi che ci si sta provando, nonostante gli occhi raccontino tutta un’altra storia. Alla fine, più che la stanchezza, ha vinto il braccino, la prospettiva di due settimane sulla graticola dopo una sconfitta. Ancora peggio, se possibile, il teatrino del post-partita, con Sarri che se la prende con l’osceno terreno dell’Olimpico e Mourinho che, tanto per cambiare, si scaglia contro l’arbitro, il destino cinico e baro e chi più ne ha più ne metta. Oltremanica, Chelsea e Manchester City se le stavano dando di santa ragione, chiudendo con un 4-4 da annali del calcio.

Se questo è il biglietto da visita che la Serie A offre nello slot più interessante per certi mercati, non lamentiamoci se la prossima asta dei diritti internazionali andrà deserta.

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