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Quando Amaral portò la difesa a zona alla Juventus

Gigantesco, inflessibile, cultore della preparazione atletica: il "marine" brasiliano provò a rivoluzionare il calcio italiano, ma il tentativo riuscì soltanto parzialmente

Quando Amaral portò la difesa a zona alla Juve

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Quando scende dalla scaletta dell'aereo un vento afoso gli si spalma sulle guance. Rio de Janeiro può regalargli molto di più di una temperatura confortevole e di un sole che ti lavora di lato. Giampiero Boniperti lo sa e infatti inforca un paio di occhiali da sole, una montatura leggera, e prende il primo taxi per dirigersi verso la sede del Vasco da Gama, dove già lo attendono. Il mandato gli è stato dato direttamente da Vittore Catella, politico di professione messo alla testa della Juventus dopo che Umberto Agnelli ha deciso di abdicare. Troppi gli impegni di lavoro. Troppo cocente la delusione per quello sconcertante dodicesimo posto rimediato nella stagione precedente. Urgeva un cambio di rotta.

Solo che Catella di calcio capisce poco o niente. Per cui si affida senza indugio a Boniperti, che in quel profilo ha intravisto il guizzo che serve ad una squadra andata in frantumi per recuperarsi. Paulo Amaral è l'ideale per raccogliere i rimasugli e rimettere insieme i pezzi. Figura imperiosa e torreggiante - sfiora i due metri - petto e dorso cosparsi di muscoli guizzanti, il tecnico brasiliano è conosciuto come il "marine", per le sue metodiche di allenamento che esasperano allo spasmo la preparazione atletica. Strano a dirsi per uno che è nato nella patria della qualità applicata al calcio, ma il suo manifesto è evidente: i giocatori latini hanno inventiva da vendere, però peccano di disciplina.

La stessa che lui ha infuso nella nazionale carioca in entrambe le fortunate spedizioni del 1958 e del 1962, nelle vesti di preparatore. Ma anche come allenatore sembra cavarsela parecchio bene, perchè alla Fluminense ed al Vasco da Gama si è disimpegnato con disinvoltura, proponendo lucidi e innovativi spartiti tattici. Disciplina e inventiva: per la Juve è una miscela esportabile.

Juventus 1962

Così è fatta: Amaral diventa il primo tecnico brasiliano nella storia bianconera. E, subito, porta in dote un'innovazione che dovrebbe essere destinata a stravolgere il calcio italico: "Applicheremo la difesa a zona. Stimo chi ha inventato il catenaccio, ma è arrivata l'ora di evolversi". Le cose però partono con un inciampo. Il mister consiglia di prendere tale Amaro per gestire le faccende in mezzo al campo, adducendo che "fidatevi, è più forte di Gérson". Paragone ardito, fin troppo. Amaro si rivela fin dai primi allenamenti la lentezza fatta mediano e delude a tal punto che la società decide di rispedirlo al mittente senza nemmeno farlo esordire.

Dunque al campo Combi Amaral inizia a farsi un'idea precisa. Il modulo dev'essere un rutilante 4-2-4. Tanto tutti devono tornare, comprese le punte, quindi l'equilibrio è messo in ghiaccio. Tra i pali gioca Anzolin, Castano e Salvadore sono i difensori centrali (fanno a turno il libero), i terzini sono Emoli e Sarti. In mezzo al campo il faro è l'ispirato spagnolo Del Sol, affiancato dall'energico Leoncini. Stacchini e Sacco sono le ali più utilizzate. Sivori agisce da seconda punta, mentre il puntello è il robusto e prolifico brasiliano Miranda.

Con questa squadra e con i concetti impartiti dal Ginnasiarca, altro appellativo affibbiatogli, Amaral parte lento per poi prendere velocità. Al punto che, al netto di tutte le critiche ricevute dentro e fuori dallo spogliatoio per i suoi metodi, a fine campionato la Juve si piazza seconda alle spalle dell'Inter. Però la gente non lo ama. Il carattere è ruvido, il gioco non pare scintillante, l'idillio non sboccia. E, aggiungono le voci più infide, i giocatori - con Sivori in testa - sono esausti. Non ne possono più di essere spremuti in quel modo, in allenamento.

Con questi presupposti la stagione successiva parte basculando. Ed Amaral ci mette pure del suo, sbagliando di nuovo un'indicazione di mercato. Pretende infatti che gli comprino il connazionale Nenè, che di per sé non sarebbe per nulla una cattiva idea, solo che gli sbaglia il ruolo. Per lui è un centravanti, ma è un equivoco: si tratta di dotatissima seconda punta, come dimostrerà a Cagliari. A questo si aggiunge una nuova sbroccata del Cabezon Sivori: uno con la sua classe, fa sapere alla società, non può più sudare come un mulo. Amaral però è per carattere tutto d'un pezzo. Fa spallucce e mette l'asso argentino fuori squadra.

Quando però Sivori torna a battere i pungi sul tavolo dicendo "O lui o me", la sentenza si scrive da sola. La Juve silura l'allenatore carioca da prima in classifica e con un recente successo in Coppa delle Fiere. Roba ai limiti dell'assurdo, non fosse che lo spogliatoio è divelto. Al suo posto arriva Eraldo Monzeglio e, con lui, si torna all'antico. Riecco le marcature a uomo e Sivori signore incontrastato del feudo bianconero. Amaral prende un volo di rientro verso il Brasile, dove lo aspetta il Corinthians. Scendendo dalla scaletta inforca un paio di grossi occhiali da sole.

Lui, in fondo, almeno c'ha provato.

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