Quell'impensabile biennio al Genoa: l'altro miracolo di Osvaldo Bagnoli

Tra il '90 e il '92 il Mago della Bovisa conquistò un quarto posto in serie A e condusse i suoi attraverso una strepitosa cavalcata europea. E pensare che iniziò tutto con una contestazione

Quell'impensabile biennio al Genoa: l'altro miracolo di Osvaldo Bagnoli
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Il professor Scoglio ha mollato gli ormeggi, ma Aldo Spinelli non ci pensa proprio ad annacquare l'ambizione. Così chiede al suo ds, Spartaco Landini, di trovargli un nuovo leader carismatico in panchina. E quello se ne esce con un nome che spiazza tutti: Osvaldo Bagnoli, il tecnico del miracoloso Verona dello scudetto. Eppure, all'incipit di quella stagione 1990/91, la piazza rossoblu grugnisce. Intanto perché se ne è andato un leader come Fontolan, anche se a rimpiazzarlo è giunto Tomáš Skuhravý, uno che insieme a Pato Aguilera si rivelerà una benedizione celeste per il Grifone. Ma i tifosi ancora non lo sanno.

Tra i pali c'è Braglia, mentre per il campo fluttuano sicuri i vari Signorini, Torrente, Ruotolo, Branco, Eranio. Una squadra che avrebbe denti da affondare nelle carni incerte del campionato, ma la partenza è al rilento. Sconfitti alla prima dal Milan, poi una serie di pareggi e qualche altra rovinosa caduta, fino alla decima giornata, con quel successo sulla Samp che sembra indicare un percorso diverso. Prima ancora però la truppa del Mago della Bovisa viene sbattuta fuori dalla coppa Italia, per mano della Roma. E qui deflagra il malcontento. La curva critica aspramente, ma Bagnoli non digerisce quegli acuminati rilievi e li rispedisce al mittente: "Se fa così, la gradinata nord è immatura". Apriti cielo. Poteva essere la fine prima ancora di muovere le scarpe dal gesso di partenza, ma quella schiettezza reciproca, in fondo, viene apprezzata. Specie dopo quel piazzato all'ultimo minuto di Branco che regola i cuginastri.

Così una stagione che si preannunciava orribilmente insulsa si trasforma, invece, in un irrefrenabile sprint. Aguilera e Skuhravý ne fanno 15 a testa, i reparti si muovono in sincrono, l'atmosfera prima sfaldata adesso è cementata. Il che significa, a conti fatti, quarto posto finale e piazzamento Uefa. D'accordo, è l'anno della Samp. Loro vincono lo scudetto e si apprestano ad una scintillante campagna europea. Ma la gioia del Genoa non viene otturata da questi avvenimenti. Anche perché la stagione successiva sprigiona con disinvoltura tonnellate di emozioni.

Vero, in campionato la squadra paga dazio e scivola malinconicamente al quattordicesimo posto. Ma la traversata europea ripaga con gli interessi. Dopo aver rischiato di uscire al primo turno, contro la Real Oviedo, il Grifone infilza prima la Dinamo e poi la Steaua Bucarest. Il che significa semifinale contro il Liverpool, una sfida glassata di insidie. A Genova però i ragazzi di Bagnoli piazzano i gomiti e si impongono per 2-0 con i gol di Fiorin su assist di Pato Aguilera e di Branco, su punizione. Ad Anfield c'è da soffrire di più. I Reds montano un ritmo forsennato e comprimono i rossoblu, ma un contropiede trascinato da Ruotolo consente ad Aguilera di segnare. Rush pareggia poco dopo, però Aguilera la mette dentro di nuovo ed il Genoa diventa la prima squadra italiana ad espugnare quel tempio sacro.

Si arrenderà soltanto in semifinale all'Ajax di Van Gaal.

Epilogo di un rapido ma rutilante ciclo. La squadra è furente con la società per un'incomprensione relativa ai premi partita, Bagnoli se ne va all'Inter e Aguilera viene ceduto al Torino. Breve ma intensa, come tutte le storie migliori.

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