Call Center, ovvero storia di una lunga amicizia

Alla prima telefonata non era affatto un problema. In fondo lei faceva il suo mestiere ed io ho declinato con gentilezza: «Avrei una proposta per lei» diceva quella del call center. «Grazie, sono a posto» ho risposto io. Ognuno fa il suo mestiere, in fondo, non si può mica trattare sempre male la gente che lavora, anche quando ti chiamano a casa nelle ore meno indicate. Per te, naturalmente, perché per loro sono le migliori. Così ecco perché alla seconda telefonata in fondo non c’era nulla di male, eppoi la ragazza alla cornetta non poteva sapere che una sua collega aveva già fatto un tentativo. Mica si parlano loro: sono talmente in tante... È la cosa che poi ho cercato si spegare alla terza incaricata che però, poi mi ha detto la quarta, si era dimenticata di lasciare avviso. Lei invece l’avrebbe sicuramente fatto, solo che poi quel foglio lì non è arrivato alla quinta, alla quale ho sempre risposto gentilmente che quel servizio che mi offriva non era di mio interesse, come le altre volte d’altronde. Non sembrava convinta però, ed infatti è arrivata la sesta telefonata, la quale almeno è stata introdotta da un «mi scusi se la disturbo» che ha subito sedato il mio ardore. Sarà per questo allora che una settima ragazza mi ha chiamato, probabilmente era amica di quella di prima e ha voluto controllare se davvero ero un tipo così affabile e magari ha pure ha messo la voce in giro, perché l’ottava (ormai) amica del call center si è un po’ sorpresa del fatto che rispondessi così brusco. «Mi scusi, sa: noi qui abbiamo segnato il suo nome in una tabella che scade alla fine del mese. Non escludo che la possa chiamare qualcun’altra». La nona, s’intende, alla quale ho chiesto che il mio nome venisse cancellato da passate, presente e future liste di chiamate che contemplano offerte di prodotti.

Lei, ovviamente, è stata tanto gentile e ha anche promesso con una voce suadente che si sarebbe impegnata personalmente, che ormai avevano capito: quel servizio lì non mi interessava proprio. «Arrivederci», mi ha detto finalmente. Poi è squillato il telefono.

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