da Roma
È contento di essere qui alla Festa di Roma perché è «popolare» anche se risente troppo del culto della personalità del suo artefice visto che «c'è una venerazione eccessiva per Veltroni, bisognerebbe smetterla». La pensa così Mimmo Calopresti che fuori concorso ha presentato L'abbuffata, il suo nuovo lungometraggio di finzione a cinque anni da La felicità non costa niente, in mezzo i due importanti documentari Volevo solo vivere con la Shoah Foundation di Steven Spielberg e quello tratto dalle immagini di Pier Paolo Pasolini su uno storico sciopero dell'immondizia a Roma.
Un regista che sputa nel piatto in cui mangia? «Non riesco a sentirmi pacificato rispetto al cinema e alla vita», risponde Calopresti a cui in conferenza stampa Valeria Bruni Tedeschi, sua compagna in passato e ora attrice nel film, ha inviato un messaggio d'amore: «Quando ho letto un soggetto dello sceneggiatore iraniano Mahmoud Iden ho pensato di darlo subito a Mimmo, che per me è il più grande regista italiano, perché mi sembrava poter corrispondere alla sua attuale ricerca di libertà e d'innocenza».
Così il regista si è preso tutte le sue libertà tanto che, in questa strampalata storia di tre ragazzi calabresi (Paolo Briguglia, Lele Nucera e Lorenzo Di Ciacca) che partono dal paesino di Diamante alla volta di Roma nel tentativo di realizzare un film, ha voluto metterci un po di tutto: i ricordi autobiografici di lui giovane calabrese emigrante che ha fatto cinema (apparendo nel film anche come attore), la presa in giro degli autori con il personaggio del regista in crisi d'identità interpretato da Diego Abatantuono, la critica verso la tv con un'eloquente sequenza in cui un grande attore francese (interpretato da Gérard Depardieu) giunto nel paesino calabrese per girare il film, dopo essersi abbuffato di sanguinaccio con la cioccolata tira le cuoia di fronte alla trasmissione di Porta a porta con Bruno Vespa in collegamento dal G8 di Genova.
Racconta il regista: «E' una storia vera successa alla zia di un mio amico. Non ho nulla contro la tv ma c'è la possibilità di morirci davanti mentre bisognerebbe uscire di casa, andare a un concerto. Invece siamo circondati dalla noia, un po come il teatrino finto del governo che va sotto tante volte al Senato».
Prodotto dallo stesso Calopresti («Anche se a basso costo, girato sia in digitale che in pellicola, ho dovuto fare le cambiali che curiosamente hanno lo stesso aspetto di quelle vecchissime di mio padre») insieme a Dania Films e all'Istituto Luce che lo distribuirà dal 16 novembre, L'abbuffata cita spesso il cinema di Federico Fellini, in particolare 8 ½, e nel titolo La grande abbuffata di Marco Ferreri tanto che, ammette il regista, «bisogna avere il coraggio di arraffare, di copiare. Ferreri era capace di essere surreale, una cosa che non vedo fare a nessun altro».
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