Cambia tutta l’Italia, ma non cambiano i risultati

C’è il talento, il talento noto di Antonio Cassano e quello, promettente, molto promettente, di Mario Balotelli. Ma il resto, tutto il resto, la nuova giovane Italia di Cesare Prandelli è da costruire con pazienza e con mano sicura. Questo il verdetto emerso ieri sera dalla prima amichevole del dopo Lippi. Il 2010, anno di evidente disgrazia azzurra, continua a regalare un’altra sconfitta, l’ennesima, la terza dell’anno. Lunga è la strada che può e deve portare alla ricostruzione di una squadra dai contorni ben definiti, scolpiti, con personalità e talento. Sul talento, garantito dalla strana coppia, si può essere ottimisti. Ma da solo il talento non basta. Prandelli può e non deve preoccuparsi oltre il lecito per la sconfitta inaugurale: capitò a fior di colleghi, solo Zoff, nel ’98, partì con un gratificante successo arrivando fino a sfiorare, nella finale di Rotterdam, il titolo continentale. «Per giocare con 3 attaccanti bisogna avere maggiore equilibrio» è la prima chiosa del neo ct. Centrato il problema principale: per sostenere una struttura così impegnativa, bisogna attrezzare una squadra robusta. Appuntamento alle prossime sfide: allora si farà sul serio. E sul risultato non si potranno fare sofismi.
Sulla generosità invocata da Prandelli, poco o niente da dire. Ma la generosità e quell’avvio scintillante nelle due frazioni, scandito dalle bastonate di Mario Balotelli su punizione in un caso e dal palo di Motta nell’altro, non sono sufficienti per mettere sotto la Costa d'Avorio, senza Drogba, con in panchina un ct improvvisato e provvisorio, Zahoui, vecchia conoscenza dell'Ascoli di Costantino Rozzi, e guadagnarsi l’immediata promozione sul campo. Sotto la pioggia doc di Londra, in uno stadio deserto (cantano e si sentono solo gli italiani arrivati per l'occasione) e perciò malinconico (ma sulla riviera romagnola era proprio impossibile organizzare l'evento?), la nuova e giovane Italia appena battezzata dall’erede di Marcello Lippi, si presenta presto divisa in due tronconi: da una parte il trio fantasia, con Cassano che delizia di tocchi felpati la platea inesistente, Balotelli che punta dritto al cuore della porta rivale e Amauri che di testa manca una gran bella opportunità, dall’altra il resto dello schieramento azzurro che si lascia infilare dai rapidi uno-due degli ivoriani e che non apparecchia lanci né geometrie accettabili per far ripartire l’azione in modo pericoloso. Punizioni a parte, ottenute per la caccia alle caviglie di Balotelli e Cassano, le altre promettenti manovre risultano conseguenza diretta di qualche pallone sgraffignato da Palombo o di qualche incursione laterale di Motta, generoso appunto nella corsa, pronto nell'inserirsi e scartavetrare il palo ad avvio di ripresa, molto meno affidabile nella custodia della corsia difensiva come capì al volo Ranieri qualche mese fa, arrivando a Roma.
È perciò uno sbocco quasi naturale quel che accade nella ripresa al primo assalto perentorio della Costa d'Avorio con la capocciata di Kolo Tourè che toglie il tempo a Chiellini, fino a quel punto boa robusta della difesa, fatta di tanti esordienti alla mercé dei rivali, specie nei duelli one to one. Quel lampo degli africani mortifica il tentativo di Sirigu, il portiere scelto da Prandelli per prendere il posto di Buffon e Marchetti, indisponibili entrambi per infortunio. Le correzioni successive dello schieramento sono in parte esigenza fisica (Balotelli svuotato di energie, Cassano spolpato, Amauri mai decisivo, Pepe tanto fumo e poco arrosto) e voglia di risalire la china per rimediare alla sconfitta. Condizione fisica a parte, il risultato complessivo degli sforzi realizzati tra panchina e prato verde è mediocre e rilancia le riflessioni più recenti relative alla cifra tecnica del calcio italiano. Giuseppe Rossi e Marchisio, gli ultimi due cambi arrivati nella mischia, non possono aggiungere granché alla Nazionale che tradisce evidenti limiti nell’apparecchiare manovre d’attacco avvolgenti che possono mettere in crisi il dispositivo difensivo della Costa d’Avorio. Hanno entusiasmo da vendere ed energie da sprecare, qualità insufficienti per rimettere in parità il risultato.

Modesta, molto modesta la produzione offensiva dell’altra Italia, quella avvitata su Borriello, Quaglierella e Giuseppe Rossi schierati a mo’ di tridente senza mettere pressione alla difesa: un plauso al debuttante Bruno Gentili, meno invadente e più giornalista di Bagni, per esempio.

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