Cultura e Spettacoli

«Cambiare i Simpson? Mai Restano cattivi e ineducati»

A Los Angeles, negli studi dove viene realizzato uno dei cartoon più amati

Laura Rio

nostro inviato a Los Angeles

Ma come? Entri nel regno dei più folli e irriverenti personaggi americani e ti sembra di stare alla Nasa. Ti aspetti che da un momento all’altro Bart ti tiri in testa l’inchiostro e invece vedi composti ragazzi in camicia bianca che scrivono al computer come se stessero studiando le coordinate dei satelliti. Siamo nel tempio dei Simpson, negli immensi studi Fox di Los Angeles, dove nove squadre di autori realizzano ventidue episodi l’anno dei cartoon più amati al mondo: nove mesi di lavoro per ogni puntata, al costo di 800mila dollari a episodio. In un grande open space diviso da tante finte pareti, i creativi studiano gli episodi, li scrivono, li disegnano, li testano e poi li spediscono in Corea per l’animazione finale.
In una pura e ovattata atmosfera anglosassone, fa la sua apparizione la mente di tutto questo: Matt Groening. Con il suo sorriso impenetrabile, il ciuffo grigio che scivola sugli occhi, le risposte ironiche, è affabile ma sfuggente. Per avvicinarlo bisogna fare breccia nella cortina di ferro che lo circonda: concede poche interviste e fa sapere prima le domande che non vuole gli vengano rivolte (sui guadagni e sulla politica americana). Ma non si tira indietro quando deve raccontare i suoi personaggi. E al gruppo di giornalisti italiani arrivati in visita agli studi della Fox (in onda in Italia su Sky) racconta subito che l’11 dicembre andrà in onda un episodio ambientato in Italia. Protagonista Maria Grazia Cucinotta. Le sue curve e la sua voce daranno vita alla moglie del cattivo dei Simpson, TeleSpalla Bob, che nel cartoon diventa il sindaco del paese toscano di «salsiccia». La famiglia più maleducata d’America approda in Italia per comperare un’auto «Lamborgati Fasta Rossa» e con questa scusa attraversa il nostro Paese: Pisa, Venezia, Pompei. Poi Groening regala un’altra notizia: tra due anni sarà pronta la versione per il cinema.
Diciassette anni di vita, 386 episodi realizzati. Il mondo è cambiato, ma i Simpson sono rimasti sempre uguali. La stramba famiglia di Springfield, con il capofamiglia Homer che non brilla per intelligenza, la mamma Marge dai capelli blu super cotonati, il primogenito e irriverente Bart, la figlia intellettuale Lisa e la piccola Maggie, è lo spietato ritratto della famiglia media americana.
«Nonostante in questi anni la televisione sia cambiata e sia diventata più conservatrice, i Simpson rimangono politically uncorrect: cattivi, maleducati, insofferenti. E continuano a pensare che per essere felici, non bisogna dar retta all’autorità riconosciuta, ma seguire solo se stessi».
A due sole imposizioni l’irriverente cartoon si deve sottoporre. «Dobbiamo stare attenti - spiega Al Jean, produttore esecutivo - a far capire ai bambini che alcune azioni tipo bere candeggina o alcolici non vanno imitate. E non possiamo mostrare nudi: la tv americana in questo è diventata ancora più moralista che in passato».
Per il resto, tutto lecito: nefandezze, cattiverie, perfidia. «Homer, il capofamiglia, in questi 17 anni è rimasto lo stesso pessimista. La sua mentalità è nota: in questo schifo di società si può contare solo sull’individualità. E l’unico rifugio resta la famiglia». Filosofia che spiega perché dei mostriciattoli gialli che fanno rutti siano diventati così popolari. «Ma gli spettatori americani - spiega l’autore - non si rivedono nei personaggi, guardano lo show e pensano che Homer sia stupido, ma non credono di essere come lui. Anzi noi qui ci stupiamo che in Europa il pubblico si identifichi con loro». «L’Italia - dice ancora Groening - è il Paese di lingua non anglosassone che segue di più la nostra serie. Solo per il pubblico arabo abbiamo dovuto cambiare alcune scene ed eliminare immagini di personaggi che mangiano carne di maiale o bevono alcolici». L’autore si diverte molto a raccontare come sono nati i Simpson, in modo causuale come succede spesso per tante serie di successo. «Nel 1989 stavo facendo dei provini per realizzare un altro show: ho proposto i Simpson e visto che andavo di fretta ho deciso di chiamarli con i nomi dei miei familiari: Homer, mio padre, Marge, mia madre, Lisa e Maggie le mie sorelle, e poiché sarebbe stato troppo scontato chiamare l’altro figlio Matt, l’ho chiamato Bart». Così ha preso vita un prodotto, del quale si è assicurato i diritti Rupert Murdoch (Groening controlla quelli di pubblicazione), dagli introiti miliardari. Un successo che nessuno ha voglia di frenare.

«Se stiamo pensando a un episodio finale? Ne abbiamo scritti già cinque, ma sono diventati solo spunti per andare avanti».

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