«Ma cambiare quei Patti non spetta ai tribunali»

Roma Onorevole Enzo Carra, da cattolico del Pd condivide la scelta del governo di impugnare la sentenza del Tar del Lazio?
«Ha assolutamente fatto bene: oltretutto è una delle rare occasioni in cui esiste una continuità con le scelte del governo precedente, quello del centrosinistra. Fu il ministro Fioroni, infatti, a riconoscere con una circolare il ruolo curricolare dell’insegnamento di religione. Se non altro per questo, la decisione della Gelmini va accolta con rispetto: ci son stati fin troppi strappi tra un governo e l’altro in questi quindici anni. Se per una volta ci si trova d’accordo su un punto, ben venga».
E sul merito della decisione dei giudici qual è il suo giudizio?
«Con quella sentenza il Tar del Lazio mette una mina sotto l’intero Concordato tra Stato e Chiesa cattolica, che regola anche la questione dell’insegnamento della religione cattolica. Se si vuole mettere in discussione quel patto, che esiste da quasi un secolo, lo si faccia: è assolutamente legittimo. Ma non in questi modi surrettizi e subdoli, per via di pronunce dei tribunali: ci si assuma la responsabilità politica di affrontare apertamente la questione».
Il Tribunale amministrativo ha però rilevato un problema di discriminazione e disparità di trattamento. Non è un rilievo fondato?
«Io capisco benissimo che si possano sollevare dei profili di disparità, ad esempio sulla fonte di nomina degli insegnanti di religione, che vengono scelti dalle diocesi. Ma è pur vero che non si comprende perché quei professori debbano essere trattati come serie B, come sotto-uomini, e non debbano poter esprimere il loro giudizio sullo studente, e questo mi pare il succo non apprezzabile di quella sentenza».
Quindi spera in una sua riforma in sede di appello?
«Non voglio giudicare le sentenze, sforzo quanto mai inutile. È riformabile, e non resta che aspettare il giudizio del Consiglio di Stato. Se poi il ricorso venisse respinto e il Consiglio confermasse la pronuncia del Tar, allora sarà bene che anche noi cattolici ci prepariamo. Non ai piagnistei e alle lamentele, ma ad un franco e serrato dibattito sul Concordato, che va interamente applicato oppure radicalmente messo in discussione: non può essere fatto a pezzetti»
L’intervento della Cei contro quella sentenza è stata durissima. Non c’è un eccesso di intromissione?
«Vedo critiche in questo senso.

Ma nello stesso giorno, l’Avvenire ha attaccato Silvio Berlusconi e quella “intromissione” è piaciuta agli stessi che criticano la Cei per il Tar: è ora di uscire da questa confusione politica per cui gli interventi della Chiesa vanno bene se dice quel che pensiamo noi e sono illegittimi se dice quel che non pensiamo».

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