Alla Camera del lavoro 30% di richieste di aiuto in più

Alla Camera del lavoro 30% di richieste di aiuto in più

Discriminate, demansionate, ricattate economicamente e molestate sessualmente ma anche moralmente. Nell’ultimo anno alla Camera del lavoro di Milano che da venti anni offre assistenza e consulenza legale alle donne in difficoltà, le richieste si sono impennate. Il 30 per cento in più, ben 902 donne, si sono rivolte al Centro donna. E la maggior parte, quasi 8 su 10, lo hanno fatto per parlare delle difficoltà nell’ambiente di lavoro. Il 25 per cento ha richiesto assistenza sul diritto di famiglia, separazioni e divorzi, affido dei figli, ricatti e violenze psicologiche e economiche. Ma la fetta più grossa di problemi che pesano sulle spalle delle donne dipendenti è il lavoro. Per 6 su 10 la difficoltà resta quella di mettere insieme i pezzi della loro vita: famiglia e lavoro. Sono arrivate fin qui, in corso di Porta Vittoria, per chiedere informazioni sul part time, flessibilità oraria, aspettativa non retribuita, orari e permessi giornalieri. Tutti strumenti per lo più inutilizzati che si vanno a scontrare poi con una realtà in cui solo 3 contenziosi su 10 sono poi andati a buon fine: la «conciliazione» in qualche modo è stata cioè accordata dall’azienda alla dipendente. Per tutte le altre è in agguato l’aut aut: o rientri o vai. Se rientri dopo un figlio e ancor di più dopo due, il demansionamento è lì in agguato. I dati forniti dalla Centro donna fotografano un 60 per cento di donne che si sono rivolte ai legali perché rientrate al lavoro dopo la maternità si sono trovate in qualche caso senza neppure la scrivania quando invece prima occupavano anche posti dirigenziali. «Cara mia devi rifare la gavetta» s’è sentita dire qualcuna. Non è un caso se, come ha sottolineato Ivana Brunato della segreteria della Camera del lavoro, tra il 2009 e il 210 le dimissioni certificate di donne diventate mamme ha registrato un incremento del 12 per cento.
Ecco quindi che non stupisce se il dato nazionale che riguarda le mamme con due figli che riescono a mantenere un posto di lavoro si assesta al 54 per cento, contro il 69,2 per cento che sarebbe la media europea. Siamo ben lontani insomma, anche se qualcuno si distingue. Come una società di Cinisello Balsamo «Binari sonori» che da metà febbraio grazie a un progetto finanziato dalla Regione Lombardia sulla conciliazione darà la possibilità a chi farà richiesta di avere flessibilità oraria e telelavoro. La sperimentazione non è rivolta solo a mamme e papà ma a tutti coloro fra i dipendenti e collaboratori che dimostrino di avere necessità reale anche a fronte di esigenze temporanee. Eccezioni che confermano, purtroppo la regola secondo la quale ad esempio il 15 per cento delle donne che intraprendono un’azione legale contro il datore di lavoro rinuncia in corso d’opera. Per pressioni oppure per la semplice paura di perdere il posto.

Maria Costa, responsabile del Centro donna sottolinea così che gli obiettivi in questo senso devono «prevedere una sinergia tra aziende e enti pubblici con un rafforzamento della contrattazione aziendale per le lavoratrici madri».

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