Camerun Il diktat del capo dello Stato: squadra costretta all’umiliazione pubblica

Esposti al pubblico ludibrio per un linciaggio, si spera solo verbale, da parte dei tifosi. Lo scenario da brividi si materializzerà oggi pomeriggio all'aeroporto di Yaoundé, quando il Camerun tornerà in patria dopo la deludente campagna sudafricana. «Erano partiti tra due ali di folla festante, ed ora gli stessi tifosi attendono con trepidazione il loro rientro». Le parole del presidente della repubblica Paul Biya hanno il suono di una minaccia. Il capo dello stato ha imposto alla squadra di far scalo a Yaoundé. I giocatori avrebbero preferito evitare, così come il ct Paul Le Guen e il suo secondo Yves Colleu. Gli ordini imposti dall’alto non solo hanno scombinato i loro piani, ma stanno creando una più che giustificabile apprensione.
Il Camerun in Sudafrica è stato colpito dalla sindrome di autodistruzione. Si è spaccato in tre blocchi che hanno dilaniato lo spogliatoio, trasformando una squadra potenzialmente ricca (di talenti), in un drappello povero (di idee e disciplina). Da una parte Le Guen e pochi fedelissimi, dall'altra Eto’o e un manipolo di senatori e nel mezzo la vicenda della famiglia Song, zio Rigobert e il nipotino Alexander. Il più giovane aveva criticato pubblicamente il ct francese per aver strappato la fascia da capitano a Rigobert affidandola al centravanti dell’Inter. Per tutta risposta i due sono finiti ad oltranza in panchina. Eto’o invece, che aveva imposto la convocazione dell’amico inseparabile Geremi, ha sparato a zero sull’allenatore che l’aveva costretto a giocare decentrato, un po’ come nell'Inter targata Mourinho. Insomma tutti contro tutti.

Almeno fino all'epilogo previsto al Nsimalen Airport, quando forse per la prima volta i Leoni Indomabili dovranno far gruppo per evitare sputi, spintoni e qualche ceffone. Per Le Guen si tratta del canto del cigno. Verrà rimpiazzato dall'ex attaccante di Cagliari e Parma Patrick M'Boma.
Luigi Guelpa

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