Lesse in aula, per conto dei suoi clienti boss, un proclama che aveva il sapore inequivocabile dell'intimidazione nei confronti dello scrittore Roberto Saviano, della giornalista Rosaria Capacchione e del magistrato Raffaele Cantone che con il loro lavoro stavano dando molto fastidio ai Casalesi. L'avvocato Michele Santonastaso è stato arrestato dalla Dia di Napoli e con lui sono finiti in manette Michele Bidognetti, fratello del boss Francesco, il capoclan del quartiere Vomero Luigi Cimmino.
Santonastaso nel processo Spartacus contro i vertici del potente clan casertano avanzò istanza di ricusazione del collegio giudicante leggendo una lettera, a nome dei boss, secondo la quale la Corte si lasciava influenzare dalle opinioni dello scrittore, della giornalista e del magistrato, oggi tutti sotto scorta per le minacce subite. La vicenda per la quale i tre sono stati arrestati non ha comunque a che fare con quel proclama: sono accusati di corruzione, falsa testimonianza e falsa perizia nell'ambito di un'inchiesta coordinata dai pm Antonello Ardituro, Francesco Curcio e Alessandro Milita.
L'inchiesta verte sugli espedienti adoperati per agevolare affiliati alle organizzazioni criminali Bidognetti, Cimmino e La Torre che ha portato all'emissione dei provvedimenti eseguiti dagli uomini della Dia diretti dal vicequestore Maurizio Vallone. Sono complessivamente dieci le persone indagate nell'ambito dell'operazione denominata Urania. Tra loro ci sono anche due periti fonici Alessandro Berretta ed Alberto Fichera, i quali, secondo l'accusa, attestarono falsamente che le voci intercettate in alcune conversazioni non appartenessero a Vincenzo Tammaro (affiliato al clan del quartiere Vomero capeggiato da Cimmino) ed Aniello Bidognetti, figlio del boss Francesco. Tammaro ed Aniello erano accusati di un duplice omicidio e grazie alla falsa perizia furono assolti. In cambio i periti ricevettero 120.000 euro. Santonastaso sarebbe stato l'organizzatore di questo e di un altro tentativo di «aggiustare» un processo, quello in cui il boss Augusto La Torre (poi divenuto collaboratore di giustizia) era imputato di un altro duplice omicidio. In aula si presentò l'imprenditore caseario Giuseppe Mandara, il quale fornì un falso alibi all'imputato: testimoniò infatti che il giorno del duplice omicidio di cui il boss era accusato, giorno di Sant'Augusto, era andato a casa sua per fargli gli auguri e consegnargli una tangente. Fu proprio La Torre, dopo la decisione di collaborare con la magistratura, a rivelare che l'alibi era falso.
Ad accusare il penalista sono diversi collaboratori di giustizia tra cui Anna Carrino, ex compagna di Francesco Bidognetti. La donna riferisce che Santonastaso - retribuito dal clan con 10.000 euro al mese per la difesa del boss e dei due figli Aniello e Raffaele - si prestava a fare da collegamento tra il capoclan, i figli detenuti e gli altri affiliati.
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