(...) Anzi, anche osservando landamento delle preferenze alle regionali liguri, si vede chiaramente che coloro che hanno invaso gli schermi hanno creato addirittura una crisi di rigetto negli elettori. Mentre la strategia vincente è stata quella degli incontri mirati, a piccoli gruppi, attenti ad ascoltare e coccolare ogni singolo elettore.
Proprio qui sta il punto. Non è più tempo di pulpiti televisivi, ma occorre un contatto diretto con i cittadini. Il che non vuol dire prendere spot e schermi e buttare tutto a mare, ma significa avere la forza e il coraggio di confrontarsi direttamente con gli elettori. Con i mezzi più antichi e quelli più nuovi.
Ad esempio, ovviamente, penso al web. Uno dei mezzi decisivi di Giuliano Pisapia è stato luso della rete, con lironia sui «reati» falsamente attribuiti al sindaco di Milano, trasformata in un gioco allegro, tipo: «Pisapia fa le boccacce ai bambini». Insomma, un web vero, interattivo, molto diverso dai banner pubblicitari che sono mezzi sorpassati e, soprattutto, non danno alcuna vera visibilità a chi li compra, facendo felici solo gli agenti pubblicitari dei siti.
Dal più moderno dei mezzi, la rete, al più antico, la piazza, il passo è meno lungo di quello che potrebbe sembrare. Soprattutto perché, in entrambi i casi, ci troviamo di fronte a unagorà, telematica o reale, in cui lo spettatore diventa attore, il complemento oggetto diventa soggetto. E allora, anche lì, occorre abbandonare le auto blu con i vetri oscurati e gli alberghi di lusso (a Savona e a Milano si è visto anche questo) e riscoprire il gusto di toccare ed essere toccati dagli elettori. Per strada, sui mezzi pubblici, al mercato (da frequentare regolarmente, però, e non solo la settimana delle elezioni, quando diventa patetico), e anche nelle piazze. Come nei comizi di una volta: con il microfono, il palchetto, la scaletta per salire e lo striscione alle spalle. Con il rischio di avere davanti magari anche solo dieci persone. Ma dieci persone che ne hanno di fronte unundicesima. Vera, non virtuale.
E, sempre per tornare alla bella politica di una volta, permettetemi di fare un elogio dei giornali e del Giornale in particolare. A Genova e in Liguria, queste pagine si stanno trasformando sempre più in una palestra di dibattito, di confronto, di intelligenze diverse, di scontri anche. Ma sempre pagine vive, attive, mai succubi. Se non della testa dei nostri lettori.
Poi, può esserci la volta che uno o laltro autore di una lettera o di una telefonata è più o meno daccordo con me o con chi scrive. Ma questo è assolutamente un valore, non certo un disvalore. Così come è un valore il fatto che non cè praticamente un solo articolo che scorre via neutro, come una doccia estiva, senza suscitare reazioni. Il che, anche da un punto di vista elettorale funziona: non tutti coloro che hanno fatto pubblicità sul Giornale sono stati eletti, ma praticamente tutti coloro che sono stati eletti lhanno fatta.
Soprattutto, questa partecipazione fa sì che i dibattiti siano sempre veri, vivi, pulsanti. E che riusciamo ad evitare ai nostri bravissimi redattori lumiliazione quotidiana a cui sono sottoposti colleghi di altri giornali che telefonano a destra e a sinistra: «Scusi sono Tizio del giornale Caio. Ha letto il nostro articolo di oggi?». «Veramente no». «Glielo riassumo io». «Grazie». «Vuole commentare?». «Veramente no».
Ecco, vi assicuro che da noi non capita. Anche se, magari, i politici dichiaratori preferirebbero di sì. Soprattutto, se si mette la loro foto.
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