da Venezia
A sorpresa è stato il veneziano Andrea Molesini a vincere in casa con Non tutti i bastardi sono di Vienna (Sellerio) - un romanzo su Caporetto, perfetto per i 150 anni dallUnità dItalia con 102 voti - ad essere proclamato supervincitore del Premio Campiello Letteratura, organizzato e promosso da Confindustria Veneto nella gran finale di ieri sera alla Fenice, a Venezia. A lui la «vera da pozzo» e i 10mila euro aggiuntivi a quelli già consegnati ai cinque finalisti scelti dalla giuria dei Letterati, presieduta questanno dal Segretario Generale del Ministero dei Beni Culturali Roberto Cecchi. Dopo Molesini, a seguire, Federica Manzon con Di fama e di sventura (Mondadori) con 80 voti, poi Ernesto Ferrero con Disegnare il vento (Einaudi) e 39 preferenze, Maria Pia Ammirati con Se tu fossi qui (Cairo) con 35 schede, e in coda Giuseppe Lupo con Lultima sposa di Palmira (Marsilio) e 29 voti.
Tutti concordi nel definire la 49a edizione «francamente moscia». Non soltanto nessuna delle polemiche che di solito caratterizzano i premi, ma anche nessuna delle fisiologiche trepidazioni dautori, editori e uffici stampa per lassegnazione di un premio che essendo «onesto» - come lo ha definito in conferenza stampa la giovane Viola Di Grado, vincitrice del Campiello Opera Prima con Settanta acrilico trenta lana (e/o) - lascia spesso spazio a previsioni che il più delle volte vengono ribaltate dallesito finale, in mano al manipolo di 300 giurati lettori «popolari» tra i quali, come ogni anno, si «nascondono» anche nomi noti, come, per questa edizione, lex sindaco di Torino Sergio Chiamparino, il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani, lo stilista Antonio Marras.
Questanno, invece i cinque candidati sembravano indifferenti al risultato: tutti felici, tutti amici. Stessa solfa per la Giuria «tecnica» i cui membri hanno più volte dichiarato che per questa edizione non vi è stato nessun disaccordo. Uniche voci fuori dal coro, che hanno sfoderato pallidi toni battaglieri ieri in conferenza stampa, il vincitore Molesini, che ha «osato» dichiarare la propria «gratitudine alla guerra, vera generatrice di racconti» e dichiarare «preferiti tra tutti i premi che vinco io. Il Campiello mi piace perché la giuria è popolare e spesso noi italiani siamo sospettosi sulle giurie di letterati» e lo stesso Cecchi, barricadero sulla penalizzazione degli anni universitari e di Accademia della Crusca, dei Lincei e affini: «Nemmeno durante la seconda guerra mondiale si è dato un messaggio così negativo ai giovani».
Impossibile fare pronostici fino allultimo minuto, proprio per la calma piatta in cui hanno navigato a vista i concorrenti, anche se molti hanno puntato su un possibile duello tra i due cavalli cugini Mondadori ed Einaudi, ovvero sulla nuova guardia, la vincitrice Federica Manzon, classe 1981, e la sua saga familiare che nasce dai racconti di Natale della bisnonna Vittoria e si trasforma nellavventura di Tommaso, protagonista scisso tra i ricordi dinfanzia e letà adulta dellambizione nel mondo della finanza, che ha affrontato «la storia di un uomo che non si è mai mosso da casa e inventa mondi immaginari di cui rimane prigioniero e da cui uscirà solo uccidendosi» ovvero la biografia romanzata di Emilio Salgari firmata da un colosso dellambiente editoriale italiano come Ernesto Ferrero, classe 1938, già direttore editoriale Einaudi, Mondadori, Garzanti e dal 1998, e appena riconfermato, direttore del Salone del Libro di Torino.
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