Il campionato alternativo? L’aveva già fatto Ecclestone

Mi fa sorridere l'idea del mondiale alternativo di Formula 1, perché il suo inventore fu proprio Bernie Ecclestone, nel 1981, in un momento di grande tensione con la Fia, in forma inversa rispetto all'attuale, e fu un fiasco solenne. Un solo gran premio, a Kyalami, in Sud Africa, con tutte le squadre partecipanti, all'infuori delle tre cosiddette «legaliste», Ferrari, Renault e Alfa Romeo. Ma fu sufficiente a far intendere alle parti che non poteva sussistere un campionato senza la Ferrari e che la Formula 1 moderna non poteva procedere senza una forte entità economica, con tutti gli assalti ai grandi organizzatori, alle televisioni, eccetera, in una fase ormai di decadenza della Fia stessa, assolutamente non in grado di gestire una macchina così complessa. Erano gli anni della mia appartenenza alla commissione tecnica internazionale e avrei avuto il dovere di combattere a spada tratta i ribelli; invece, proprio sulle pagine di questo giornale, presi le difese di Ecclestone, il quale non pensava che potessi spingermi tanto in avanti. Allora, c'era Sante Ghedini, suo alfiere fidato, che lo informava su tutte le reazioni italiane, le più importanti; così, dopo aver ascoltato i miei commenti, il «boss» inglese prese a ringraziarmi in forma esagerata e ancor oggi mi parla di quel fatto memorabile. Inoltre, l'aspetto curioso fu che l'indimenticabile Enzo Ferrari non reagì a quella presa di posizione e, anzi, a breve distanza, passò dalla parte della mitica Foca.
Tutto questo per riaffermare la realtà, ampiamente assodata, che in questa, come in ogni altra attività eccelsa, non esiste che un solo vertice. Ma anche per riconoscere che Ecclestone è un «duro», disposto a provarci sempre, fino alle conseguenze estreme, prima di cedere, con inattesi compromessi. Oggi, la disputa non è tra i «team», consorziati nella nuova Fota, ed una federazione prepotente, ma tra questi protagonisti - i veri attori - dello sport automobilistico ed un unico potere, formato dalle lucrose società di Ecclestone e da una Fia divenutane schiava, con un presidente voluto e sostenuto dalla stessa forza, impossibile da rimuovere, nemmeno dopo scandali tali da riempire di vergogna e da svuotare di credibilità il più sfrontato dei personaggi.
Oggi abbiamo un Patto della Concordia, ormai scaduto dal 2007, che non viene rinnovato, perché già comprende una serie di condizioni studiate con le televisioni e non concordate con chi è oggetto dei diritti d'immagine. Mostruoso. Tanto più che, persino nei passaggi più critici del passato, si è sempre cercato di conservare ruoli tecnici alla federazione, per garantire l'equità nella competizione, senza tuffarsi nel mare degli interessi monetari. E adesso ve la immaginate una Fia che, libera di legiferare, vuole livellare i concorrenti in base ad assurde regole economiche? Con quali capacità, se è squalificata da cima a fondo, e con quali garanzie, se sono crollati i vecchi principi? E perché discriminare, in funzione dei milioni, le qualità tecniche? Un regime per i ricchi, un altro regime per i poveri... Alla fine, non rinnovare il Patto della Concordia significa proprio non volere alcuna forma di concordia. L'unione di otto su dieci squadre è sacrosanta.

Può riuscire anche nell'impresa di creare un proprio campionato mondiale di macchine Grand Prix, perfettamente in grado di eclissare la Formula 1: quale Tv si interesserà alla Forza dell'India, con tutto il rispetto? O alla squadretta del signor Campos, già modesto come ex-pilota? Ma la filosofia di Ecclestone è di toccare il fondo. Basta che la Fota rimanga unita e organizzi il suo primo Gp, come quello di Kyalami di ventotto anni fa.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica