La cancelliera accusata di rigidità: «Cos’altro dovrei fare?»

Sto cercando di capire cosa dovremmo ancora fare

La cancelliera accusata di rigidità: «Cos’altro dovrei fare?»

Quello di parlar off the records, cioè fuori dai denti, è un vizietto antico di Nicolas Sarkozy. Ogni tanto, Monsieur le President ci ricasca. Gli capita, c’è da capirlo, quando è sotto pressione. E in questi giorni, dopo la tripla A francese ghigliottinata da quegli iconoclasti di Standard&Poor’s, la sua pressione è come un tappo di champagne pronto a saltare. Così Sarko si è sfogato con i fedelissimi. Che poi tanto fedelissimi non sono, visto che hanno subito spiattellato l’intemerata del principale a quei pettegoli di professione de Le Canard Enchainé.
Due i bersagli. Il primo, scontato, sono gli agenti di S&P, bollati come «istigatori della crisi che agiscono contro tempo perché la situazione (economica, ndr) sta migliorando». Aver perso il bollino blu dell’eccellenza finanziaria «fa male», ha confidato Sarko, che evidentemente sperava di sfangarla. E invece, no. Declassamento doloroso per l’orgoglio ipertrofico francese, ostacolo sicuro per il marito di Carlà nella corsa per l’Eliseo-bis. Colpa anche della Merkel (bersaglio numero due). «Paghiamo cara l’ortodossia tedesca», è l’analisi sarkoziana. Anche alle orecchie francesi, tutti i nein di Frau Angela alla fin fine suonano insomma più dissonanti di una cacafonia di voci. E non è la prima volta che la Cancelliera fa perdere le staffe a Sarko. Dopo la trilaterale con Monti a Strasburgo, il nanoleone (la definizione più gettonata su Twitter) si era confessato, comme d’habitude, al suo entourage di bocche mute come una tromba: «Merkel ci crea un gran casino in Europa. Diventa complicato. Ci sta facendo correre verso la catastrofe».
A dispetto dell’asse franco-tedesco descritto come d’acciaio inossidabile, qualche ruggine c’è. Altro che Merkozy. L’ortodossia può essere una roba un po’ talebana se non ammette scantonamenti. Nella fattispecie, quella teutonica ha la colpa di ingessare la Bce, costringendola «a giocare a nascondino» quando invece la banca guidata da Draghi dovrebbe avere un ruolo ben più attivo nel contrastare la crisi. Cioè più simile alla Fed Usa, capace di agire da prestatore di ultima istanza. È questo, il «cuore del problema», sospira Sarko. Che intanto gioca una fiche da 430 milioni per rilanciare la crescita. Puntata però forse fuori tempo massimo prima del voto.
Il problema, semmai, è che i tedeschi fingono di non saper che pesci pigliare. Sentite la Merkel: «Sto ancora cercando di capire cos’altro dovremmo fare. Quando l’avrò scoperto, vi risponderò». La frase dovrebbe essere una replica a Sarko e alla richiesta di maggior aiuto a Berlino di Mario Monti. Per quanto meno sgarbate della staffilata di martedì del suo consigliere («L’Italia può fare da sola»), le parole del premier tedesco sono l’ennesimo atto di chiusura verso quegli strumenti utili ad aiutare l’euro zona, spiaggiata non solo dalla crisi del debito ma anche dall’inerzia di molti suoi leader.

Più poteri all’Eurotower, rafforzamento e piena operatività del fondo salva-Stati, Eurobond, un’agenzia del rating continentale contrappeso a Moody’s, S&P e Fitch: c’è solo l’imbarazzo della scelta. Di tempo per pensare, invece, non ce n’è più.

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