Ieri mattina, a Parma, al numero 13 di via Traversante San Leonardo, nella sede dellIvg (Istituto vendite giudiziarie). Nellaula principale delledificio, una trentina di persone, sedute su sedie di plastica, si rigirano tra le mani lelenco degli oggetti che verranno venduti al miglior offerente. Oggetti pignorati, oggetti tolti ai proprietari a saldo dei loro debiti. Via via, col passare delle ore, sono messe allasta barche, automobili, credenze e compressori. Tutto scorre tranquillo, nel monotono alternarsi dei colpi di martelletto; fino a quando, verso la fine della mattinata, nella formula sobria della circostanza, il battitore annuncia un lotto che ha dellincredibile: «Cane razza bassotto, con Cip n. 380098100856710, si parte da euro 320, disponibilità due esemplari». Silenzio totale. Nessuna offerta da parte del pubblico. Si passa agli «oggetti» successivi: «Cane razza volpina con pelo nero fulvo, con Cip n. 380098100856557, si parte da euro 280, disponibilità due esemplari». Ancora nessuna risposta. I cani restano «inveduti».
La grottesca proposta si ripete ancora una volta. Questa volta si tratta di due meticci di pastore tedesco, due cuccioloni di appena un anno. Neanche Lara e Astra, questi i nomi del lotto messo allincanto, vengono acquistate. Torneranno allasta il prossimo 20 dicembre. Forse stavolta saranno acquistate, e verranno separate dopo aver vissuto sempre insieme. «Certo, se Lara e Astra fossero state delle lavatrici commenta Michele Gualano, direttore dellEnpa (Ente nazionale protezione animali) - sarebbe stato più facile piazzarle. Questa situazione ha dellassurdo. Gli affetti non si pignorano e non si mettono allasta». LEnpa, il primo a denunciare la situazione, ha lanciato un appello per porre fine a questa pratica: per impedire cioè che incolpevoli cani e gatti vengano separati con la forza dai loro padroni per ripagarne i debiti. «La battaglia dellEnpa sottolinea Gualano - al di là del caso emiliano, è rivolta direttamente al Parlamento. A Roma si sta portando avanti una proposta di legge dove si parla persino di inserirli nello stato di famiglia. Tutta la questione è frutto di un controsenso legislativo: il codice penale equipara gli animali alle persone per quanto riguarda i maltrattamenti e il diritto alla vita, mentre il codice civile ancora li considera semplicemente dei beni materiali. Da qui la pratica di metterli allasta come dei normali oggetti di proprietà. È un contrasto che va risolto al più presto».
Il caso di Parma oltretutto non è isolato.
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