Da cantante a spacciatore: parabola finita nel sangue

Antonio Invito, ex neomelodico di successo finito nei guai con la droga, è stato giustiziato sotto casa

Carmine Spadafora

da Acerra (Napoli)

«Ama', ti aspetto vicino alla nostra macchina. Fai presto, si è fatto tardi». Domenica sera. Un bacio al piccolo, nato appena due mesi fa, poi Antonio Invito, 37 anni, un passato nemmeno lontano da cantante neomelodico, si è chiuso la porta alle spalle. Ma all'auto, parcheggiata nel centralissimo viale dei Martiri, ad Acerra, comune a nord di Napoli, l'artista non è mai arrivato. Due killer lo stavano aspettando nell'androne di casa. Un solo colpo, secco, alla testa. Il proiettile si è conficcato in un occhio ed è fuoriuscito dalla nuca.
La moglie del cantante che sognava di diventare ricco e famoso come Gigi D'Alessio, ha udito lo sparo ma non gli ha dato importanza. «Poi, quando ho sentito il più grande dei miei bambini urlare, ho capito che forse era accaduto qualcosa di grave a mio marito». Amalia si è precipitata giù per le scale, ha visto il suo uomo a terra, si è lanciata sul suo corpo, lo ha abbracciato, baciato. Per l'ultima volta. All'alba di ieri Invito è morto all’ospedale «San Giovanni Bosco».
Invito era conosciuto dalla polizia non solo per la sua fama, bruciata, di cantante in ascesa ma, soprattutto, per il suo nuovo «lavoro» di spacciatore di cocaina. «È stato ucciso come un delinquente qualsiasi», spiegano gli investigatori. Uno sgarro, forse la voglia di mettersi in proprio, ma, in entrambi i casi, la cosa non sarebbe stata gradita dal clan Grimaldi, che avrebbe deciso di punirlo con la morte.
Ma la vita, inizialmente ricca di soddisfazioni per il cantante, precipitata prima nel baratro della tossicodipendenza e quindi nelle rapine, nell'usura e nello spaccio (per comprarsi la dose quotidiana), sembrava che dovesse avere un sussulto d'orgoglio proprio quando era finito dietro le sbarre. Invito, che lavorava per una ditta di pulizie, era finito in carcere nel 2001 con l'accusa di rapina a mano armata, mentre qualche anno prima era stato arrestato per possesso di droga all'interno del parcheggio della clinica di Acerra, «Villa dei Fiori», dove lavorava per conto della ditta di pulizie. Era poi stato ferito a colpi di pistola alle gambe qualche tempo dopo. Da due anni era tornato libero. Ma, mentre era in cella, scrisse una lettera che sembrava dovesse presagire un ravvedimento. Pubblicata on line, Invito la dedicò alla moglie e ai figli, ma anche a tutti quei ragazzi della mala Napoli che scelgono la strada dei clan.
«La passione piano piano mi pervade ed è il sogno: quello di cantare, di costruirmi una vita nella quale fare cose che mi piacessero. Nel 1993 ho avuto il piacere di conoscere un grande arrangiatore di musica napoletana, Gigi D'Alessio», raccontò. Quando la strada del successo sembrava ormai definitivamente tracciata, ecco l'imprevisto. Invito ricordò anche il «complesso di colpa» nei confronti dei figli e della moglie.

«Ma la vita, sbattuta nelle sostanze, induce a mettere in secondo piano i rapporti veri per lasciare libero corso a rapporti strumentali e di usura. Ho conosciuto una donna, anche lei alle prese con le sostanze. Con lei e con la cocaina sono volati via tutti i miei risparmi (e non erano pochi)...».

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