Diego David
Si chiama «Carruggi del vino, piccole e grandi cantine aperte sino a notte nella terra del prodotto tipico», l'iniziativa presentata ieri nella sala «Varaldo» della Camera di Commercio di Imperia. L'appuntamento è per sabato 12 agosto dalle 16 alle 24 presso una trentina di produttori di Pigato, Vermentino, Rossese, Ormeasco e Dolceacqua dell'estremo ponente ligure.
Dell'iniziativa ha parlato il presidente della C.i.a. (Confederazione italiana agricoltori) di Imperia che, in collaborazione con la Camera di Commercio ne ha curato l'organizzazione: «Carruggi del vino intende favorire il connubio fra turismo e valorizzazione del territorio, come asse portante di uno sviluppo che vuole far diventare l'entroterra, i suoi sapori e le sue tradizioni, parte integrante e portante dell'offerta turistica del Ponente». «L'operazione - ha proseguito Giordano - è volta non solo a sensibilizzare chi risiede nel territorio imperiese ma, soprattutto, i numerosissimi turisti che affollano la Riviera, proprio sul grande patrimonio costituito dai nostri prodotti enologici, una serie di Doc e Igp, che insieme, ormai da alcuni anni assommano un pregio di tutto rilievo nella produzione vitivinicola italiana».
Ma qual è il peso in termini di produzione, occupazione e indotto della viticoltura del Ponente? «È difficile risalire a dati omogenei, anche perché bisognerebbe distinguere tra viticoltori e produttori-imbottigliatori - ha detto il neo presidente della Camera di Commercio Giovanni Danio, che ha da poco sostituito Giuseppe Bianchi dimessosi a seguito dei problemi giudiziari che stanno interessando le sue attività private - comunque su 41 etichette si contano circa 900.000 mila bottiglie all'anno per un giro di affari di 4-5 milioni di euro. Per lo più si tratta di imprese famigliari, che solo in occasione del raccolto si rivolgono al mercato del lavoro per assumere dipendenti avventizi».
Lasciati da parte i numeri l'attenzione si è spostata sull'iniziativa promozionale che ricalca un po' quella promossa in autunno dai «cugini» olivicoltori denominata «Frantoio aperto» e a questo proposito Riccardo Giordano ha voluto spezzare una lancia a favore dei viticoltori «considerati, a torto, parenti poveri» e che si innesta nel modello delle «Strade del Vino» previste e disciplinate dalla legge. Il territorio interessato è quello dell'intera provincia. Presso ciascuna cantina aderente all'iniziativa sarà possibile degustare gratuitamente i vini abbinati a prodotti tipici oltre a conoscere direttamente il produttore, i luoghi della coltivazione delle viti, le tecniche di produzione e conservazione «per dirla con Carlo Petrini - l'ideatore di Slow Food - ha detto Giordano - un modo per far trasformare il consumatore da fruitore passivo in una sorta di co-produttore».
Pigato, Vermentino, Rossese, Ormeasco e Dolceacqua, dunque, bianchi e rossi ricchi di tradizione e di storia, cantati da poeti e narratori. Fra tutti, forse il più intrigante è il Pornassio o Ormeasco di Pornassio, un vitigno coltivato esclusivamente nella provincia di Imperia, in tutta l'alta e media valle Arroscia e in modo più limitato nell'alta valle Argentina. L'opinione più diffusa tra storici ed esperti è che l'Ormeasco sia una sorte di clone del Dolcetto, addirittura considerato un «dolcetto virato», mentre appare priva di ogni fondamento la versione, pur affascinante, secondo la quale sarebbe stato importato dai Saraceni, (ai quali è notoriamente vietato per motivi religiosi bere vino) proveniente dalla Turchia durante le loro incursioni nell'entroterra ligure e piemontese. Riccardo Giordano (C.i.a.) ha chiuso con un auspicio il suo intervento: «Ormai stiamo producendo più carta per promuovere i nostri vini che... vino stesso. Bisogna aumentare la produzione è questo vale anche per altri prodotti quali l'olio e i fiori, altrimenti si rimane confinati in una nicchia, che sarà pure prestigiosa, ma rimane pur sempre una nicchia, con ricadute negative, anche se non si sono mai toccati certi eccessi piemontesi per quanto riguarda la commercializzazione dei vini, sul prezzo».
Secondo Giordano - infine - «nell'estremo Ponente ligure non si è perseguita abbastanza la strada della cooperazione, nonostante sembra che sia stata creata proprio per essere adattata alle caratteristiche del nostro territorio».
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