Capablanca-Ajechi, così la sfida è uscita dalla scacchiera

Uno scrittore italiano, Fabio Stassi, reinventa il celebre duello scacchistico che oppose il campione cubano e lo sfidante russo. Un romanzo che mette al centro della scena non solo la tanto agognata rivincita ma anche la sete di conoscenza di un bambino

C'è una bella differenza tra la rivincita e la vendetta. Quest'ultima è la spasmodica ricerca di un risarcimento per un torto subito. La prima è semplicemente la richiesta di una seconda chance. Una nuova possibilità che viene chiesta a un destino, fino a quel momento giudicato distratto e ingeneroso. «La rivincita di Capablanca» di Fabio Stassi (Minimum Fax, pp. 200, 11,50 euro) si concentra sulla rivincita per eccellenza, quella del gioco. E non di un gioco qualsiasi. Del più spietato e violento confronto che possa opporre i duellanti: gli scacchi.
Il giovane scrittore viterbese (ma di origine siciliana) Fabio Stassi prende a prestito una pagina tra le più emozionanti della Storia degli scacchi per costruire un romanzo raffinato e intelligente, che non rinuncia però a un racconto appassionato delle debolezze umane. Il confronto oppone due campioni della scacchiera: il cubano Josè Raul Capablanca (1888-1942) e Aleksander Aljechin (1892-1946) di origine russa ma naturalizzato francese. La sfida si consumò nell'autunno del 1927 a Buenos Aires. Nell'occasione Aljechin strappò lo scettro di re degli scacchi al cubano che da sei anni era l'incontrastato leader mondiale del gioco. Da questa pagina di cronaca è partito Stassi per immaginare il dopo-partita. Le angosce e le tribolazioni di Capablanca e la lunga ma infruttuosa rincorsa verso una rivincita che non si è mai consumata.
Non è la prima volta che il gioco degli scacchi viene usato come metafora letteraria ad ampio raggio. Senza citare la celeberrima «Novella degli scacchi» di Stephen Zweig (1941), vale comunque la pena ricordare «La variante di Luneburg» di Paolo Maurensig (Adelphi) e la recente pubblicazione in italiano dell'intenso «La regina degli scacchi» (sempre per i tipi di Minumum Fax) di Walter Tevis (l'autore di romanzi molto popolari in America come «Lo spaccone»).
Con «La rivincita di Capablanca», però, Stassi riesce a trovare una cifra originale che ammalia il lettore e lo porta per mano allo scoperta di qualcosa di ben più importante della vittoria in un gioco così feroce e rispettoso a un tempo. E il punto di arrivo è l'amicizia tra un bambino e un vecchio campione. Un rapporto «classico», anche questo, perché - come ci fa capire la storia raccontata da Stassi - il segreto degli scacchi non risiede nella gestione di complesse formule matematiche e astruse strategie, ma nello scoprire nello sguardo infiammato di un bambino praticamente analfabeta il desiderio della conoscenza e la voglia di capire i segreti di un mondo altamente formalizzato come quello della scacchiera. Già, perché dietro la «rivincita» inseguita e mai conquistata come la più classica e romantica delle chimere, il romanzo parla anche di un insaziabile amore per la conoscenza. Il bambino, infatti, aspetta impaziente che il grande campione si accorga di lui e diventi per lui maieuta e mentore, faro e maestro. Affinché il testimone venga consegnato e la staffetta possa continuare all'infinito. Il racconto di Stassi ricostruisce, quindi, la romanzesca parabola di Jose Raul Capablanca partendo dalla sua ultima partita.
Lo chiamavano «l'infallibile», il «Mozart degli scacchi» ma anche questo suo dono non impedì al campione cubano di rimanere vittima del suo destino di giocatore sconfitto dalla sorte e dalla Storia, quasi un novello Sigfrido che nelle sue mille vittorie intravede sempre l'epifania dell'ultima mortale sconfitta. Di fronte a lui un eterno rivale nella persona del russo Aleksander Aljechin. I due si sfidano e si rincorrono per mezzo mondo e, per superarsi, accettano di usare anche armi «proibite» facendo uscire la competizione fuori dalla scacchiera. Stassi ricostruisce da un lato l'epopea romantica degli eterni duellanti e dall'altro scopre tutte le potenzialità letterarie della metafora scacchistica. Sentimenti come l'invidia, il coraggio, la paura, la fantasia e l'impulsività sono alla portata di tutti i bambini, semplicemente uscendo per strada e accettando l'incontro con il mondo. I personaggi di Stassi - proprio come i lettori e gli scrittori di ogni epoca - imparano invece a riconoscerli grazie alle sfide scacchistiche più impegnative. Una scacchiera come Libro, un Libro come specchio del mondo.
Alla fine il riscatto del campione battuto, solo e dimenticato arriverà grazie a un allievo che, anche senza parole di incoraggiamento, riesce a carpire i giusti segreti per poter vincere sulla scacchiera come nella vita.

Con il finale a sorpresa Stassi si guadagna lo stesso complimento che uno dei suoi ultimi avversari fece per il campione cubano: «Il dispiegarsi della razionalità di Capablanca era stato un dono per l'intelligenza» di chi aveva il privilegio di osservarlo in azione. Una razionalità sempre guidata da una passione per il racconto e dello specifico letterario che fa de «La rivincita di Capablanca» un romanzo che vale la pena leggere, rileggere e tenere sul comodino.

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