Lappuntamento è a settembre. Alla ripresa dei lavori parlamentari, si dice, Alleanza nazionale sarà chiamata a inaugurare una nuova fase del suo percorso.
Lo annunciano molti suoi esponenti di primo piano, anticipando anche quelli che dovranno essere i punti cardinali di questo impegno: il rilancio dellidentità di una destra capace di restituire dignità ai suoi valori, la definizione di unagenda politica chiara e concreta, la rappresentazione di unidea dellItalia intorno alla quale chiamare a raccolta il paese. E per la prima volta si ammette che il percorso non sarà indolore. Si denunciano errori, forzature e scelte sbagliate, si sollecita il risveglio di un vero dibattito interno, si chiede di ritrovare coerenza e coraggio, abbandonando le fughe in avanti e gli ondeggiamenti di linea politica che hanno caratterizzato lazione del partito in questultimo periodo.
Indicazioni esemplari per chi aveva sollevato per tempo argomenti come questi e per tutta risposta si era visto ricacciare dietro la lavagna. Tardive purtroppo per chi, come Storace ed altri animati come lui della stessa passione per le tradizioni della destra, si sono trovati costretti dalla mancanza di ogni confronto a cercare approdi diversi.
È in questo quadro che piombano i messaggi di «vicinanza» ad Alleanza Nazionale lanciati da Daniele Capezzone. Troppo intelligente il loro autore e troppo ufficiale la tribuna del Secolo dItalia a cui vengono affidati per considerarli solo una provocazione di mezza estate o liquidarli come un apprezzamento dallesterno che lascia le cose come stanno.
Difficile non ritenere che unuscita tanto sorprendente non sia il frutto quanto meno di qualche informale pour parler e di qualche intesa altrettanto informale. E se qualche dubbio cè, a confermarlo provvedono le parole dello stesso Capezzone quando gli viene posta la domanda se lascerà la maggioranza ed entrerà nel partito di Fini. Ogni conclusione, risponde, è prematura. Non impossibile, quindi, solo prematura. E se un politico non certo sprovveduto la giudica una decisione che ha solo bisogno di tempo per maturare, è legittimo pensare che qualche affidamento labbia chiesto e anche ottenuto.
Ce nè abbastanza per cominciare a guardare allappuntamento di settembre con qualche motivo di fiducia in meno. È vero: Alleanza Nazionale non può che essere un partito, oggi ancora più di ieri, aperto ai contributi di tutti coloro che ne condividono programmi e scelte di fondo. Ma è ancora più vero che «una cosa è battersi per obiettivi comuni e altro è il progetto politico e il campo dei valori di riferimento». E qui la distanza di An dai radicali non può certo essere compensata, come sostiene Capezzone, con visioni comuni sui problemi della politica estera ed economica.
Le alleanze e i percorsi insieme si fanno con chi ha visioni comuni su problemi altrettanto qualificanti: dalluso della droga alla difesa della famiglia, dal ruolo della Chiesa alle grandi questioni etiche legate alla ricerca nel campo della medicina e della scienza. Senza dimenticare la vocazione antimilitarista che appartiene al dna radicale almeno quanto il pacifismo ad oltranza. Su questi punti, tra la storia radicale e la storia e lidentità di Alleanza Nazionale corre un abisso.
Questa destra mi piace molto, dice Capezzone.
Capezzone entra in An? Altri ne uscirebbero
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