Capitali all’estero Anche l’Inghilterra ricorre allo «scudo fiscale»

RomaNella versione italiana ha attirato le critiche delle opposizioni; ispirato domande di giornalisti anglosassoni e provocato gli strali della stampa cattolica. Quella inglese farà sicuramente meno notizia e nessuno la bollerà come un condono. Comunque ieri le autorità fiscali di Londra hanno confermato che faranno anche loro una nuova edizione di quello che in Italia si chiama scudo fiscale e che invece, nel sito dell’HM Revenue& Costums è pubblicizzata con grande evidenza con il nome di New Disclosure Opportunity.
Tra il primo settembre e il 12 marzo 2010 darà la possibilità a chi non ha pagato le tasse su patrimoni detenuti all’estero, di mettersi in regola con una aliquota di favore: il 10 per cento del capitale. Chi non coglierà questa opportunità potrebbe incorrere in una penalizzazione molto più pesante, dal 30 per cento in su e rischierà un’incriminazione penale, si riporta nel comunicato ufficiale dell’amministrazione fiscale britannica. A difendere il provvedimento, il sottosegretario al Tesoro, laburista, Stephen Timms, che invita chiunque abbia conti o entrate non tassate all’estero di approfittare di questa legge «semplice e chiara». Anche perché la maggior parte degli investitori all’estero ha già pagano le tasse ed è giusto che tutti rispettino le regole. «L’evasione fiscale non è un crimine senza vittime.

Sottrae ai servizi pubblici risorse vitali e grava ingiustamente la maggioranza onesta dei contribuenti».
In sostanza lo scudo fiscale è considerato dal governo laburista uno strumento per combattere l’evasione fiscale. Mentre in Italia è diventato «un nome sbagliato per chiamare l’ennesimo condono».

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