Capitalia sale in Borsa Il mercato punta sul nuovo risiko bancario

La sospensione di Geronzi non ferma la corsa dell’istituto che ieri è salito del 2,4%. Nel mirino i possibili riflessi per Generali

Marcello Zacché

da Milano

Frenano i progetti di Capitalia. Frena l’ipotesi Capitalia-Intesa che, a torto o a ragione, appare la più seria. Tutto sub iudice, almeno per ora. Questa è la prima conseguenza non scritta dell’interdizione che il gip del tribunale di Parma ha ordinato per Cesare Geronzi, presidente di Capitalia. Si tratta di 2 mesi nei quali Geronzi non potrà andare in banca, che verrà governata in tutto e per tutto dall’amministratore delegato Matteo Arpe. Due mesi senza dimissioni da nessun incarico (compresa la vicepresidenza di Mediobanca) e senza «vacanza» di poteri. Ma per un banchiere basta e avanza.
Forse Capitalia non diventerà subito preda, come si diceva ieri in Borsa, dove i titoli hanno chiuso in rialzo del 2,4%. Ma di certo la sospensione di un banchiere del calibro di Geronzi avrà il suo peso. Soprattutto perché avviene proprio nel momento in cui si stanno per riaprire i giochi del riassetto bancario italiano, sollecitato anche questo proprio ieri dal governatore della Banca d’Italia Draghi.
Il presidente di Capitalia si presentava all’appuntamento in una situazione di forza. Rispetto ai tre maggiori istituti (Intesa, Unicredito, Sanpaolo) Capitalia è riuscita in 4 anni a recuperare buona parte del gap di inefficienza e solidità. Oggi, Con Unicredito concentrata in Germania e Sanpaolo considerata più interessata a operazioni estere, i due gruppi bancari pronti a giocarsi tutte le carte sembrano proprio Intesa e Capitalia. Anche perché entrambe hanno in comune la passione per la partecipazione ai salotti del potere, quali Rcs-Corriere della Sera e, soprattutto, le Generali. Ma il provvedimento giudiziario emesso l’altro ieri, benché temporaneo, potrebbe modificare questo quadro. E proprio alla vigilia dei risultati preliminari del gruppo, che saranno approvati oggi dal cda, e che promettono un record di utili.
La vicenda pesa anche sul più ampio scacchiere delle alleanze di potere. Il progetto Intesa-Capitalia poteva significare la nascita di un asse (anche culturale: la cosiddetta finanza cattolica che fa riferimento al presidente di Intesa Giovanni Bazoli e il realismo politico di Geronzi) in grado di condizionare i futuri equilibri della grande finanza. Che in Italia vuol dire Generali.
Capitalia è, con Unicredito, uno dei due grandi soci di Mediobanca, dove è custodito il pacchetto di controllo della compagnia triestina. E nel Leone la banca romana ha diritti di voto per un altro 3,2%. È noto che l’attuale vertice delle Generali, guidate dal presidente Antoine Bernheim, è frutto di un accordo tra i soci di Mediobanca che scadrà tra poco più di un anno: il cosiddetto «risiko bancario» di questi prossimi mesi avrà anche questa scadenza come inevitabile orizzonte.
L’operazione portata a termine dal finanziere Romain Zaleski, vicino a Bazoli, che da qualche giorno ha il 2,2% delle Generali, era un chiaro segnale del rafforzamento di Intesa. Allora un accordo Geronzi-Bazoli poteva puntare a chiudere il cerchio anche sulle Generali, passando da Mediobanca, e mettendo fuori gioco gli azionisti francesi presenti nella merchant bank milanese e sostenitori di Bernheim.

Da ora questo tipo di percorso è in salita. E altri francesi, quelli del Crédit Agricole, primi soci di Intesa con il 18%, potrebbero prendere l’iniziativa. Anche se ieri la banca francese ha ribadito di «non avere alcun dossier» sul tavolo.

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