Politica

Il capo degli 007: mediazione senza inganni

Claudia Passa

da Roma

Un sms attorno alle 18: l’operazione era iniziata. Poi, poco prima delle 19, una telefonata che non poteva attendere, l’andirivieni dei più stretti collaboratori, i conciliaboli, e l’uscita di gran carriera fuori dalla Sala delle Colonne a Roma dove era appena terminata la presentazione di un libro sulla guerra al terrorismo. Così la notizia della liberazione di Clementina Cantoni ha raggiunto il generale Nicolò Pollari, direttore del Sismi, il Servizio segreto militare. E con la stessa discrezione con cui i nostri 007 hanno coronato l’ennesimo successo, il loro capo ha lasciato la sala al termine del dibattito per raggiungere Gianni Letta a Palazzo Chigi, dove fino all’ultimo sono stati seguiti gli sviluppi della trattativa che negli ultimi giorni ha avuto un’accelerazione quando la madre di Timor Shah, in stato di fermo per favoreggiamento nel rapimento di un afghano deceduto pochi mesi fa, è stata messa a disposizione dei Servizi italiani, «sollevando» il capo dei sequestratori dalla sgradita mediazione delle autorità afghane. A sbloccare la trattativa sarebbe intervenuta anche la consegna di una modesta somma di denaro, nonché la garanzia di impunità per il bandito e sua madre. A quel punto, attorno alle 18.30 italiane, un agente del Sismi ha prelevato Clementina in un appartamento di Kabul dalle mani di un potente uomo d’affari parente dello stesso Timor Shah.
E se in serata il ministro dell’interno afghano Ali Ahmad Jalali ha smentito che ci siano state concessioni nei confronti dei rapitori, ciò che nessuno potrà mai smentire è che ancora una volta i nostri 007 si sono dimostrati protagonisti della delicatissima partita a scacchi con la sofisticata regia dei sequestri che - ha sottolineato il generale Pollari nel corso del dibattito - è mutevole nella forma e nel volto, nelle strategie e nei moduli operativi, e pertanto sfugge agli schemi semplicistici nei quali la si cerca di ingabbiare. Ironia della sorte, a dibattere attorno al tema de «La nuova guerra mondiale» - titolo del nuovo saggio di Antonio e Gianni Cipriani edito da Sperling & Kupfer - assieme a Pollari c’erano non solo il capo della redazione romana de il Giornale, Mario Sechi, in veste di moderatore, non solo il sindaco di Roma Walter Veltroni, ma anche la vittima di un altro sequestro conclusosi con la liberazione dell’ostaggio, Giuliana Sgrena, e Rosa Calipari, vedova di Nicola, lo 007 che ha sacrificato la propria vita. Di fronte a questa inedita compagine di interlocutori il direttore del Sismi ha tracciato un quadro del ruolo dell’intelligence nei teatri della guerra asimmetrica contro il terrorismo. «Per agire bisogna esistere - ha spiegato Pollari - e per interagire bisogna essere accettati. Noi operiamo rispettando le persone, da una parte e dall’altra. Se avessimo voluto farci subire non saremmo andati molto lontano». Di qui, l’affresco sul ruolo del mediatore costretto a trovarsi «ora sotto i bombardamenti, ora faccia a faccia con chi quei bombardamenti li ha subiti», nella consapevolezza che «il dialogo è proficuo solo quando la controparte si accorge che da parte nostra non ci sono inganni né trucchi». Non sempre tutto fila liscio, il capo del Sismi l’ha detto a chiare lettere, spiegando che la morte di Enzo Baldoni resta un mistero, e raccontando i passaggi di un episodio sul quale troppo si è speculato: il sequestro-lampo di uno 007 (presente in sala) e di un esponente del governo italiano nel corso della trattativa per la liberazione dei body-guard. Un incidente senza strascichi, tanto è vero che tre dei quattro ostaggi sono tornati sani e salvi a casa. Come Clementina Cantoni per la quale Pollari - poco prima della liberazione - nutriva più di una speranza: «Soluzione vicina? - aveva risposto - ci sono segnali non negativi, che possono essere confortanti, ma occorre avere molta pazienza. C’è un'attesa non inerte, c’è un'intensa attività in corso. L’importante è concentrarsi sul risultato: bisogna riportarla a casa». A casa Clementina tornerà oggi, grazie alla capacità di operare sul campo dei nostri Servizi segreti, qualità messa in evidenza dai partner internazionali.

Un successo finalmente riconosciuto anche in patria, se è vero che persino Walter Veltroni, ex direttore di quella Unità che per anni ha dipinto i Servizi segreti come il «buco nero» della Repubblica, ha ammesso che di intelligence - di una rete di intelligence come questa - ce ne vorrebbe sempre di più.

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