Un caratteraccio in Fuga Ecco il Bach di Buscaroli

Torna il monumentale saggio sul genio del Barocco: un musicista che fece la rivoluzione (conservatrice)

Un caratteraccio in Fuga Ecco il Bach di Buscaroli

Nel 1985 approdava nelle librerie Bach di Piero Buscaroli (1930 - 2016). Oltre mille pagine che avevano l'ambizione di scardinare l'immagine tradizionale del musicista tedesco. Il libro era costato cinque anni di studio, incluso un biennio di reclusione totale. La premessa fu la prefazione scritta da Buscaroli per I Bach. Storia di una dinastia musicale (Rusconi, 1981) di Karl Geiringer. L'esperienza fu importante. La prefazione diventò un saggio autonomo: La nuova immagine di Bach (Rusconi, 1982). Dunque una nuova immagine, come annunciava il titolo, ma non ancora una nuova biografia, ormai necessaria per alcuni motivi. Il Bach interamente votato alla religione, luterano intransigente, musicista liturgico per eccellenza non stava più in piedi. Mostrava crepe innanzi tutto filologiche. Una più attendibile datazione delle opere aveva rivelato un fatto bizzarro per il presunto sant'uomo sopra descritto: negli ultimi vent'anni di vita non aveva scritto una riga di musica per la Chiesa. Non era solo questo. I pochi documenti disponibili erano sempre stati piegati a una lettura orientata a dimostrare una tesi ideologica. Gli ampi spazi cronologici tra un documento e l'altro erano stati colmati con illazioni ben accette purché coerenti col ritratto dell'uomo di eccezionale fede. Bach infine sembrava spuntare dal deserto e non dalla Turingia, provinciale finché si vuole ma lontana da centri più vivaci.

Buscaroli, in Bach, incarna la migliore tradizione italiana. Parte da una rigorosa filologia, fa parlare i documenti senza usare loro violenza e senza elevarli a feticcio, imbocca la strada della biografia, cioè della storia, si tiene lontano dallo specialismo e butta sul tavolo una competenza straripante nelle discipline utili a capire quale aria respirasse Bach: diritto, arte, letteratura.

Il libro uscì per Mondadori nella collana «Musica e storia» fondata e diretta da Buscaroli stesso con Paolo Isotta. La collana proseguiva l'esperienza dei curatori maturata con un'altra collana importante, «La musica», edita da Rusconi. Bach fu accolto con diffidenza dai musicologi, in specie da quelli tedeschi. Per loro era una vera e propria invasione di campo, condotta con verve polemica ma documentata, cosa che costringeva a ripensare quali fossero i tratti reali di una leggenda «indiscutibile». Insomma, era un libro scomodo firmato da un outsider del mondo accademico. Aver sfidato i luoghi comuni a ragion veduta potrebbe essere sufficiente titolo di merito, ma bisogna aggiungere che Buscaroli si pone anche al vertice della scrittura italiana senza ulteriori specificazioni di genere. La sua prosa, ricca ed elegante come quella latina, è tra le migliori del Novecento. Se non la conoscete, visti i troppi titoli oggi irreperibili, potete scoprirla subito, grazie alla preziosa ristampa Mondadori di Bach, oppure tra cinquant'anni quando (forse) sarà cessata la sostanziale damnatio memoriae che ha colpito Buscaroli per motivi politici. Questa è la sorte che spetta a chi rivendica idee di destra senza nascondersi: la rimozione. Ancora ricordiamo come una pagina vergognosa della cultura italiana il giorno seguente alla morte di Buscaroli, quando i quotidiani italiani non trovarono spazio per pubblicarne un degno necrologio.

Ecco dunque Johann Sebastian Bach, rampollo di una famiglia di musicisti, rimasto presto orfano, precoce ed eccezionale organista, con una propensione per la libertà temperata da un'accorta valutazione della propria situazione economica. A diciott'anni è una leggenda per il suo virtuosismo. Ma il servizio in Chiesa, con gli obblighi che comporta, soprattutto l'insegnamento, non fa per lui. Cercherà in tutti i modi di liberarsene senza però scegliere mai di misurarsi col mercato delle grandi città e dei grandi teatri. Bach comunque ha un carattere irrequieto, che lo porterà a cambiare sede ogni volta che sarà possibile. Il compositore, piuttosto bizzoso, potrebbe finire anticipatamente in paradiso a causa di una rissa con i propri studenti ma estrae la spada e se la cava con qualche stoccata. Accumula richiami disciplinari ovunque vada, a Weimar finisce anche in carcere per insubordinazione. Presto si guadagna la fama di possedere un caratteraccio, cosa che non gli impedisce di lucrare ottimi stipendi alle corti di Weimar e Cothën. L'ansia è soprattutto temperamento artistico in cerca di un ordine. A Weimar (1708 - 1717), Bach inizia a trascrivere la musica di Antonio Vivaldi. Secondo Buscaroli è il momento decisivo. Quello in cui il contrappunto, di cui Bach è già maestro, assorbe la vivacità della musica italiana e parte per destinazione ignota. È una rivoluzione conservatrice: Bach non si piega alla moda ma la innesta nel solido tronco della tradizione tedesca. Quando la Fuga è ormai considerata maniera superata, arriva il giovane maestro che, lungi dal rifiutarla, la prende e la spara verso il cielo, abbattendo le barriere tra sacro e profano.

In questo libro vulcanico sono molte le pagine memorabili: la descrizione della vertiginosa altezza dalla quale «cadeva» la musica dell'organo di Bach; le vivide ricostruzioni della vita di un musicista di professione in capitali da cinquemila abitanti; le avventurose vicende del fratello che andò a combattere lo Zar al seguito del Re di Svezia; la sfida lanciata a Louis Marchand, cembalista francese in visita a Dresda; il destino tragico della seconda moglie Anna Magdalena, cantante che rinunciò al suo talento; i viaggi per ascoltare i migliori organisti senza presentarsi, restando nell'ombra delle

navate, perché in fondo per Bach contava solo la musica. Invece, per noi lettori, questo saggio è l'occasione per conoscere non solo la musica ma anche quel personaggio straordinario che fu Johann Sebastian Bach (1685 -1750).

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