Caravaggio, il lato in ombra della vita

La rivoluzione «fotografica» del primo Seicento

Arrivati al Seicento, un solo nome basta per rappresentare una rivoluzione, ed è il nome di Caravaggio. Inutile dir nulla di più su questo pittore, di cui tanto si è parlato, che inventa la fotografia di fatto. Cambia completamente il rapporto con la realtà, che non è soltanto lo spazio prospettico, non è soltanto il realismo d’azione, cioè quello che era già stato annunciato da Giotto e poi perfezionato da Piero della Francesca e poi in dimensione monumentale trasportato da Raffaello e soprattutto da Michelangelo, ma è invece la rappresentazione della realtà vera, una volontà di vedere particolari dettagli, di fotografare le cose, di rispecchiarle come se fossero appunto davanti a uno specchio. Questa è la rivoluzione di Caravaggio, il realismo di Caravaggio, il realismo anche volto a un’inversione della dimensione dei valori. I valori del bene, i valori dell’affermazione, della fede, che sono così evidenti in Signorelli e poi in Perugino, in Raffaello e anche in Michelangelo, nel suo Cristo giudice, nel Giudizio Universale, vengono invertiti e Caravaggio si occupa dell’ombra, si occupa del male, si occupa del peccato, si occupa della malattia, si occupa della morte, si occupa del lato negativo, si occupa di quello che è l’ombra del mondo. L’ombra è così dominante in lui e tutto questo avviene con una capacità, come dicevo, addirittura fotografica, come se avesse inventato la fotografia, come se fosse andato sui luoghi del delitto a vedere i personaggi che poi devono rappresentare la parte, non so, della santa Lucia morta, seppellita o della Vergine morta, sempre come se lui andasse morbosamente a vedere cos’è accaduto sul luogo del delitto per l’appunto.

Ma tutto questo avviene nell’arco di dodici-tredici anni, perché iniziando la sua carriera alla fine del Cinquecento, egli la svolge, la matura e la porta a conclusione nei primi dieci anni del Seicento. Muore nel 1610. Anche per lui possiamo verificare che la sua forza eversiva e il tono che egli dà al nuovo secolo, siano tutti esperiti nell’arco dei primi dieci anni del ’600.

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